di Cristina Taliento
(Detail from "Metamorphose II", Maurits Cornelis Escher, 1898 - 1972, woodcut in three colors, 19 × 389.5 cm)
"Ermo doe sei. Non muoere un muscolo" disse il barbiere con un mozzicone di sigaretta stretto tra i denti.
L'adolescente degluti atterrito. Lo stridio del rasoio elettrico entrò nelle sue orecchie, si confuse con il materiale metallico delle sue paure, gli punzecchiò il collo, trafisse i nervi, fece scoppiare i capillari di fila, urtò contro i denti facendoli vibrare, risalì il setto nasale... Uno, due, tre, quattro e cinque. Uno, due, tre, quattro e cinque. Uno, due, tre...
"Inito. Ualà". Ritornò il silenzio di raggio solare stantio e scaffali di compensato. L'adolescente alzò gli occhi, la testa ancora piegata verso il basso. Doveva essere, quello, uno specchio degli anni '50 con una foto di Marilyn Monroe trattenuta nell'angolo della cornice. La superficie era opaca e dentro si rifletteva l'etichetta adesiva dell'alcol rosa posto davanti. Vide in alto a sinistra il barbiere mentre inforcava il mozzicone tra pollice e indice, soffiava il fumo dal lato della bocca. Quando si accorse di quegli occhi che lo guardavano, mostrò il sorriso logoro di un randagio. Poi, lentamente, l'adolescente volse lo sguardo severo verso il suo riflesso e alzò il mento per giudicarsi meglio. I capelli lunghi della sua fanciullezza giacevano morti sulle mattonelle grigie ed ora una testa rasata come quella di un soldato riempiva il centro dello specchio. Mortificato guardò Marilyn.
"Non ti piaci?" chiese l'uomo in piedi con la scopa in mano.
"Non è tanto quello" fece l'adolescente alzandosi e prendendo il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans.
Ma il barbiere iniziò ad ammucchiare i capelli tagliati al centro della stanza e non disse altro che:
"Tanto ricrescono... ma non farli venire giù di nuovo così lunghi, figlio mio. Altrimenti ti scambieranno per una femminuccia del catechismo".
L'adolescente pensò che non sarebbe accaduto perché il primo taglio è il più profondo, perché a pensarci bene se li sarebbe tagliati da solo quei maledetti capelli, perché adesso era adulto.
"Io vado" disse lasciando una banconota da dieci sullo scrittoio vicino alla porta. Stava per prendere una caramella come faceva sempre, poi intravide il suo nuovo riflesso e se ne andò.
Erano le sette e mezzo della sera e i vecchi stavano uscendo dalla chiesa. Attraversò la strada calpestando solo il bianco delle strisce pedonali. Alle volte pensava all'asfalto grigio come a un mare di lava rovente dove bisognava mettere i piedi sul bianco per non finire carbonizzati.
"Fulvio!" lo chiamò qualcuno da lontano.
Si girò svogliato. "Non sei tu, Fulvio?". Ehm, no, veramente no, non più. Questa mattina, cara signora, mi sono svegliato che non ero più lo stesso, ma a dire il vero era già da parecchie altre mattine. Un'agghiacciante amnesia, un grosso rettile al posto dell'intestino, i sentimenti di un estraneo nel cuore mio, le pareti hanno cominciato a restringersi su di me, non so se mi spiego. Magari è successo qualche volta anche a lei, ma non si preoccupi se non riesce a capire tanto io me ne fotto un cazzo di lei e di tutto questo circo.
"Si, sono io. Mi ha riconosciuto?" disse sorridendo.
"E beh, si bè! Veramente è stata la Gina. Ha detto: non è il figlio di Felice? E io ci ho detto: ma che dici. Fulvio ha i capelli lunghi come quelli di una ragazza". Sbattè le sopracciglia due volte e continuò subito: "Poi ti ho riconosciuto dalla camminata strana e ho pensato: è lui!"
L'adolescente annuì in trance pensando alla camminata strana. Non ci aveva fatto caso.
"E come mai questo taglio di capelli?"
"Così" rispose immediatamente, senza aspettare che finisse la frase.
"Così" rispose immediatamente, senza aspettare che finisse la frase.
"Hai fatto bene, bravo! Ma passare da un eccesso all'altro, però! Dovevi lasciarli più lunghi..." disse nel tono comprensivo di chi corregge un errore.
"Si, forse, ma non è stata colpa mia. Il barbiere era distratto. L'ho capito appena sono entrato, ma per educazione mi è parso giusto restare" mentì.
L'anziana si scambiò un sorriso con la sua compagna di braccio come per dire: è un bravo ragazzo, come pensavamo.
"Tanto ricrescono, non ti preoccupare. Però, mi raccomando, mai più tanto lunghi. E nemmeno troppo corti perchè tra qualche anno ti cadranno e rimpiangerai di averli tagliati quando c'erano".
L'adolescente si grattò un sopracciglio in preda al panico. Salutò piegando il capo di lato e se ne andò a passo svelto seguendo la strisciolina del marciapiede.
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