23/05/20

Amnios

di Cristina Taliento


Ha iniziato a piovere a dirotto
mentre ero seduta in un bar senz’anima
persa a far discorsi in cui non mi riconoscevo
rigirandomi la saliera tra le mani
invero distratta dal pensiero
di stare sprecando il mio Tempo.

E ho detto che dovevo andare in bagno,
ma sono uscita in strada
in shorts e maglietta,
senza nemmeno mettermi addosso la felpa
o altre forme di prudenza
e ho messo la testa sotto quella pioggia torrenziale
di giugno, incessante, incisiva,
richiamata dalla necessità di
ritornare ad essere Il Niente
o, se non quello,
la bambina,
il feto nel suo liquido amniotico.

E sono rimasta lì,
come qualcuno che si è perso,
o come qualcuno che si è ritrovato,
con i miei capelli lunghi bagnati fradici,
in mezzo alle auto ferme con le quattro frecce
e i tergicristalli alla velocità del
mio cuore che batte.

Poi sono rientrata,
magicamente ero asciutta.
Tuttavia per scusarmi ho detto:
“La notte sogno il mare,
non voglio che spiova”.
Mi ha stupito la risposta
che prevedevo vuota,
invece hai detto:
“Tranquilla, conosco i tuoi oceani”.