18/04/20

I corpi dei danzatori

di Cristina Taliento



(Peter Moore, Performance view of Trisha Brown and Steve Paxton in Brown’s Trillium, Concert of Dance #4, January 30, 1963. © Barbara Moore/Licensed by VAGA, New York)


E i corpi smisero di incontrarsi,
arti inferiori sconnessi, lontani gli uni dagli altri.
Continuarono da soli i discorsi
iniziati insieme, poi lasciati a metà,
e tu danzando ti allontanavi
e io restavo in un teatro vuoto che si faceva sempre più buio,
mentre lì fuori grida di rondini libere
rendevano paradossale
il tuo, il nostro, distacco.

I corpi smisero di sentirsi,
annusarsi, sollevarsi,
provare quei loro pas-de-deux,
estendere i tricipiti attorno al collo,
dimenticarono il ricordo del movimento,
divennero arbusti isolati, rigide statue di marmo.

Smisero persino di sentirsi artisti,
tramutati nell’oggetto statico della paura,
l’immobilità,
un raggio di sole sull’addome,
sulla clavicola che da pietra angolare
divenne un osso, un osso soltanto.

E tu ti domandavi che senso avesse
riguardare i video dei vecchi spettacoli,
urlare le antiche glorie sul web,
dal momento che il vento era morto
e la tua danza non sarebbe esistita più.



12/04/20

Conosco un malato di Alzheimer - Poesie in quei quaranta e passa giorni in solitaria

di Cristina Taliento


Su NON IO di Filippo Robboni – Giuseppe Genna
(Filippo Robboni, dalla mostra "Non io", 2011, Osart Gallery, Milano)


Anni che perdo sempre qualcosa
qualcosa dentro la tasca,
dentro questo mio berretto,
  -...ah, eccolo, era qui! (dietro l'orecchio).

Anni che ti guardo, mi guardi
e non so da che parte iniziare.
Siedi zitta davanti a me,
poi ti scazzi, mi chiedi dove mi fa male.

"Non lo so!- penso arrabbiato- non lo so!
dannata estranea, mi vuoi lasciar stare?"

Ma prima di andartene,
dopo aver raccolto armi e bagagli
e hai già baciato di fretta tua madre
e tutto quello che dovevi dire l'hai detto,
mentre stai per aprire la porta di casa,
voltati verso di me,
benedetta ragazza con le mie stesse mani,
voltati anche questa volta,
e fammi un sorriso
perchè,
quando sorridi,

ho come
il solletico
di sapere
chi sei.



06/04/20

Disse laggiù c’è un temporale - Cose scritte dall’esilio

di Cristina Taliento


(Evening landscape, Emile Nolde, 1948)



Disse laggiù c’è un temporale.
Dissi sono miope non vedo.
Disse cura la vigna quando sarò partito.
Dissi ho cento milioni di cose da fare.
Disse non trovo la scatola delle mie medicine.
Dissi cosa avrò in cambio, vecchio?
Disse se ritrovo la vigna come l’ho lasciata avrai dieci fiaschi di vino da cinque litri.
Dissi cinque per dieci cinquanta.
Disse abbine cura, è l’unico modo per fare sul serio.
Dissi tanto prima o poi tornerai.
Disse laggiù c’è un temporale.

Avere cura, ero giovane, cercavo l’effimero, ma mi sembrò il senso di tutto, delle azioni, del perché del giorno, della pioggia, del campo.