28/06/10

Al poeta

di Cristina Taliento





Mi giro e ti vedo al bar della stazione
139 anni passati e una rivelazione.
Non sei ancora morto, vecchio veggente
ora ti ho fatto avere 17 anni, come me, ovviamente.
Perché, vedi, io posso decidere
se farti vivere o, indovina, uccidere.
Ma, figurati, se hai paura della morte
tu, dannato poeta, dalle idee distorte.
All'inizio cercavi alla vita un significato convenzionale
improntato sull’educazione dei figli e la rispettabilità sociale.
Seguivi gli studi nell'istituto Rossà
dove emergevi con una prodigiosa precocità.
Un curriculum eccellente, chi lo nega
ma di questo pezzo della tua vita, senza offesa, non mi frega.
Avevi genitori, fratelli e, alle tue spalle, acclamazione
eppure tendevi ad una violenta ribellione.
Che diavolo stava accadendo al ragazzo francese
che la domenica andava in chiesa vestito da borghese?
Letteratura, latino, componimenti da preparare
ma, ragazzo, la tua anima cominciava a spuntare.
Eri un genio e, ahimè, dovevi scegliere
quale via- del Bene o del Male- prendere.
Puntasti alla sregolatezza di tutti i sensi
e mica stavi a badare a tutti quei dissensi.
Ti facevi trasportare dalle Illuminazioni,
reinventavi l'amore e camminavi sui carboni.
Non hai fatto altro che viaggiare assiduamente
e poi morire giovane terribilmente.
Adesso ti libero poeta maledetto
perché continuerei all'infinito e quindi smetto.
Ma una cosa, l'ultima, lo giuro, lasciamela domandare
e poi, prometto, che ti lascerò stare:
che colore hanno i pensieri sul pendolo la sera
quando la fiamma accorcia la candela?

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