Non ho nessun certificato nella tasca del giubbotto, ma credo di essere uscita da quella fase complicata dell'American Dream e anche se non posso dirlo con certezza, perchè sono la regina della volubilità, ho scoperto di aver "messo le radici" sulla mia terra. Anzi, sono stati gli ulivi della mia regione ad attorcigliare le loro radici nodose intorno ai miei piedi e ad impedirmi di scappare, anche solo con la fantasia. Un po' come un'illustrazione del Piccolo Principe, quando Antoine de Saint- Exupery disegna il pianeta B-612 completamente ricoperto dalle radici di 3 enormi baobab. Ecco, io sono il pianeta.
Prima di Natale andavo avidamente in cerca degli Accordi Internazionali tra Italia e Canada per procurarmi in fretta e furia i documenti che servivano per l'espatrio. Naturalmente avrei dovuto comunque aspettare altri 3 anni prima del diploma, ma l'immagine di me che vagava sperduta nei boschi canadesi, con il cappello da esploratore e la bussola smagnetizzata fra le dita, era più vivida che mai.
Non so se saranno stati i consecutivi viaggi, che mi hanno fatto scorrere l'Italia sotto il finestrino, a farmi cambiare idea. Forse è tutta colpa delle idee nazionalistiche che mi hanno corteggiato la ragione o di quella specie di gioia che saliva quando la collina diventava pianura e quando dall'autostrada in discesa si iniziavano a vedere i primi cartelli blu che sembrava dicessero "ti sei decisa a tornare, idiota". Si, probabilmente, tutte queste cose insieme.
Qualcuno ha detto che dopo Natale il mio cervello è cresciuto di qualche taglia e, cavolo grazie, deve essere per questo se ho messo a fuoco un po' di cose.
Ho capito che non ci sono posti più belli di altri, ci sono solo posti che rubano un pezzo di te; ho capito che chi dice di odiare la propria terra mente, non è quella ad essere sbagliata; ho sperimentato che camminare a piedi nudi sulla riva del mare, con i jeans rigirati sulle ginocchia, respirando con lo stesso ritmo dell'onda del mare che va avanti e si ritira, è una sensazione indelebile che non la cancelli neanche con un centinaio di salti nel vuoto. Ho imparato che i fiori di campo crescono anche nella cenere, che i gabbiani mangiano decine di pesci al giorno, che posso andare ovunque, girare il mondo spudoratamente, salire su tutte le metropolitane delle grandi città, scalare monti innevati, andare per mari a caccia di balene bianche, attraversare il Polo Nord... posso fare tutte queste cose, ma avrò sempre una zolla di terra, della mia terra, nella tasca del giubbotto.
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