23/06/10

Racconto surreale- Parte Terza

di Cristina Taliento


(Urban Sketchers, Laura Genz- Paris, France - 26/11/08, The Homeless)

Rimasi a guardare il punto nell'oscurità dove si era dissolto l'uomo a cavallo. Poi, ripresi a camminare con le spalle strette per il freddo e le mani nelle tasche della felpa. Mi stavo avvicinando ai vicoli occupati dai barboni e me ne accorgevo dai piccoli fuochi che intravedevo in lontananza. Il vociferare si fece più intenso quando passai accanto ai loro posti pieni di coperte, fagotti e bottiglie. C'erano tre uomini che parlavano sotto la luce di un lampione e un altro gruppo di sagome indistinte si riscaldava vicino al fuoco che era stato acceso in un bidone di ferro. Una di quelle figure mi venne incontro. Mentre si avvicinava distinguevo la forma di un ragazzetto magro, con un cappello a punta. Tolsi le mani dalle tasche.
"Ciao" mi disse.
"Ciao".
"Hai freddo?" chiese, con una voce che rivelava la giovane età.
"No, io...? No, no." risposi, ripetendomi
"Ah, meglio! Così mi puoi aiutare!" esclamò prima di sorridermi.
"Aiutare? Anche tu?" chiesi, sorpresa.
"Certo! Ho perso la mia ombra- rispose- ho bisogno che qualcuno la distragga così io la possa acciuffare all'improvviso. Allora, guarda, è semplice. Ti devi mettere dietro quella macchina rossa... la vedi?"
Feci segno di sì con la testa, ma non capivo niente di quella richiesta strana.
"Bene, ti devi mettere dietro la macchina, io lo so che si è nascosta lì sotto... non va mai troppo lontano... "
Stava parlando troppo velocemente e lo bloccai con la mano.
"Io ti conosco- dissi a bassa voce- conosco solo un ragazzo che perde l'ombra da queste parti." Una luce si era accesa nei miei ricordi infantili. Scoppiò in una risata sonora. Si curvò con le mani che coprivano la bocca aperta.
Poi esclamò: "Sono piccolo, ho 108 anni, sono il re delle fiabe... chi son?"
"Peter-pan" sussurai perchè non sentissero.
"E chi altri? Avanti, mi aiuti?"
Senza rispondere mi posizionai dove aveva detto e mi appoggiai sulle ginocchia per guardare sotto la macchina e non vidi niente. Solo l' ombra della macchina sulla luce fioca del lampione. Ma dalla fessura di luce potevo vedere quello che stava accadendo dall'altra parte della strada. Peter Pan era saltato addosso alla sua ombra e l'aveva legata stretta alla sua caviglia.
Non feci in tempo ad alzarmi che lui mi era già davanti, soddisfatto e sorridente.
"Grazie mille!" disse.
Feci un mezzo sorriso. Poi, all'improvviso, dissi:
"Io non sono d'accordo con quello che fai"
"Dovrei dare più libertà alla mia ombra, secondo te?"
"No, non sto parlando di questo. Dovresti piantarla con questa storia scema dell'adolescente eterno."
"Ah... - sembrava deluso, poi si riprese- Io posso fare quello che voglio."
"Si, ma sbagli. Tutti non fanno altro che inneggiare l'adolescenza. La rimpiangono, la innalzano come l'età più bella dell'uomo. Sai che penso? Tutti imbecilli." dissi.
"I vecchi sono tristi e soli" rispose, sicuro della sua scelta.
"I giovani lo sono di più" ribattei seccata.
"Fandonie" mormorò, diventando di colpo serio.
"Allora, dimmi, Peter Pan- parlai, scandendo le parole - che ci fai in un vicolo, senza casa, con gente che non vive di fiabe? Con gente che invecchia ogni giorno?"
Mi guardò per un attimo e poi rispose a bassa voce:
"Volevo vedere com'è fatta la vita... Questi barboni vivono ogni giorno in modo diverso."
"Loro invecchiano" dissi.
"Si... lo fanno. "
Lo guardai negli occhi e vi intravidi una scintilla bagnata. Decisi di non insistere.
"Devo rimettermi in cammino. La notte non è poi così lunga. Vado." dissi, ma rimasi ferma.
"Ci vediamo." balbettò Peter Pan, confuso.
Forse faceva bene, forse avevo fatto bene io a sostenere quelle idee che mi parevano giuste. Ma ho sempre un sacco di dubbi sulle cose che penso.
Mi girai e ripresi a camminare veloce nella direzione opposta alla sua in questo mondo troppo grande.

5 commenti:

Alfa ha detto...

Già, l'adolescenza, un mondo in bianco e nero, di piccole grandi gioie e profonde angosce.
Per me non è stato un periodo bello, e credo non lo sia stato per molti.

Anche se poi, come sempre succede, la nostalgia tinge di colori pastello un quadro ormai lontano e parzialmente dimenticato.

Ma il viaggio continua o si ferma?

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Adesso penso una cosa e la penso a 16 anni, forse tra 10 avrò cambiato idea. Questa cosa che penso è molto semplice: si vive per morire. L'adolescenza è il periodo in cui ti accorgi di questo. Ma non lo puoi sopportare perchè sei piccolo e, nonostante le arie che assumi, piangi sempre. Poi cresci e diventi più pragmatico, più saggio e tutta quella roba da gente coi baffi e i capelli bianchi e questa storia della morte forse riesci a capirla meglio. Il mondo, dico, ti sembra meno soffocante.

Ma ho 16 anni... è inutile che tiro ad indovinare. Che ne so io. "Puzzo ancora di latte"

Alfa ha detto...

Mah, non è che crescendo meglio si capisca così tanto il senso della morte.
Diciamo che a furia di prendere legnate ti corazzi e si trova un equilibrio un po' più stabile.

Quanto all'essere "saggi" non so. Di certo non è l'età anagrafica a rendere più o meno saggi.
Per l'età che hai sei piuttosto saggia. Se non altro perché ti poni delle domande e continuare a farsele è la strada migliore per la saggezza.
Avere troppe certezze non è mai un buon segno.

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

si... è vero. Tutto un mistero :-)

Errante ha detto...

Un racconto surreale pieno di spessore. Complimenti.

PS
Le mie scorribande sulla rete sono occasionali, ma non mancherò di tornare a visitarti quando posso.

Ciao!