Flacco Squidegno camminava con le spalle curve, gli occhi sul marciapiede, come se qualcuno, uno qualsiasi, sarebbe dovuto saltar fuori all'improvviso, da lì a pochi minuti, con l'intenzione cieca di percuotere ripetutamente, senza alcuna ragione, alcuna pietà, quelle stesse spalle, quegli stessi occhi.
Sorpassò il Duomo con sospetto, bofonchiando formule matematiche al suo mozzicone di sigaretta e poi d'un tratto si fermò rapito, annientato, da un oggetto che chiunque, ogni muto passante, autista di autobus, sagrestano, avrebbe giudicato inutile alla vista; similmente, quasi del tutto scontato. L'oggetto era un gatto e lui era lui, uomo e mente. Considerava il gatto come una sorta di figura geometrica, scomponibile e ribaltabile come d'altronde poteva essere anche la sua stessa mano, il pollice, la lunetta bianca dell'unghia. Poi veniva il pensiiiero, lo studio della sagoma, il fatto che ogni poligono fosse quadrabile, la sezione aurea, le orecchie si approssimano a due triangoli rettangoli sull'angolo alfa, Euclide, ventidue millimetri per nove, ventidue, nove... stessa area. Fermati bello, non ti muovere. Un orecchio è proporzionale al muso, al canino, all'artiglio, no... un foglio. Frugò nella tasca in cerca di carta, ma vi trovò soltanto lo scheletro di una chiocciola. Rimase a guardarlo per un attimo, poi lo rimise in tasca, spense il sigaro e con quello disegnò su una mattonella del marciapiede segmenti, archi, angoli, esagoni, triangoli retti dove le ipotenuse erano diametri, pi greco sesti eccetera. E se qualcuno, qualcosa, ad esempio un cane, si fosse fermato ad annusare quell'ammasso di simboli e coseni, forse vi avrebbe riconosciuto un gatto con lo sguardo fisso di un'ellisse inscritta in una circonferenza, forse si sarebbe allontanato strisciando svogliatamente la coda. Ad ogni modo, il gatto vero prese a grattarsi il collo con una zampa e Flacco Squidegno contrasse più volte la mascella. Fermo, stai fermo. Quando il lavoro fu finito, il gatto si immobilizzò e, sentendosi curiosamente osservato, miagolò. "Chi mi ha creato?" oppure: "Chi mi ha creato, miao?". Chi lo sa, forse non chiese proprio quello, ma Flacco interpretò così. Si domandò come mai, alla fine di un problema risolto, qualcuno, uno qualsiasi, gli dovesse sempre, ostinatamente, dare giù sulle spalle con quella stupida domanda. Un gatto, poi. Cosa ne sapeva un gatto. Raddrizzò la schiena, la curvò di nuovo e riprese a camminare.
11 commenti:
mi prostro e mi genufletto davanti alla magnificenza della tua immaginazione
[Mode Pignolo ON]
la sigaretta si è trasformata in sigaro (ma forse doveva essere un sigaro fin dall'inizio)
[Mode Pignolo OFF]
Penso da sempre che siamo i disegni di una mano ignota e che qualcino sappia già il finale della nostra storia. Grazie per il tuo commento sul mio blog che mi fa ancor più piacere da quando ho scoperto che sei una giovanissima che ama scrivere. A presto
@Nick: Sorvolo sulla prima frase, perchè è solo l'effetto di un libro sulla geometria che sto leggendo (Odifreddi, C'è spazio per tutti). Riguardo al sigaro, aha ahhah ahah! i miei scritti sono come i mobili artigianali: il difetto li rende unici. Scherzo. Il vero è che i miei scritti sono come i mobili artigianali: è il difetto a fotterli definitivamente XD Comunque, complimenti per averlo notato. Esteticamente, voglio dire, come immagine, era chiaro che fosse un sigaro perchè più bello, no? Però, però. Mi suonava male: "bofonchiando formule matematiche al suo mozzicone di sigaro". L'accento della frase è... corto, senza fiato. "Bofonchiando formule matematiche al suo mozzicone di sigaretta". AHA! Suona grazie a quell'etta-etta-sigaretta.
Una questione di metrica, lì non mi suonava. Poi forse dopo si, ma lì no.
E adesso posso proprio piantarla di fare la scrittricetta Questo-suona-questo-no :)
@Rosario: Quella poesia mi piaceva :) Si, sono giovane e adesso vado a vedermi Il Signore degli Anelli, anche se è sabato, anche se è sera. Ciao e benvenuto, eh!
non penso che a tutti un libro sulla geometria faccia lo stesso effetto
più che una questione estetica, ero orientato sul sigaro per una questione funzionale (non sono esperto di tabacchi, ma penso sia più facile disegnare su una mattonella con un sigaro che con una sigaretta)
si si, confermo, con i sigari si disegna che è una meraviglia :)
non potevo non passare trattandosi di gatto geometrico con domanda esistenziale incorporata. Ottimo racconto.
ps
non si può resistere a Tolkien sabato o non sabato miaoooo
ehilà :)
grazie mille, è un piacere!!
Mamma mia, quel Tolkien... quella è la vera immaginazione...Che pazzo, che pazzo!
Si, la fantasia non ti manca, e neanche il saperla metter giù in modo sempre geniale..
Come sempre complimenti,
l'idea della domanda finale ad ogni problema.. mi è piaciuta un sacco!
A presto :)
delizioso il racconto, delizioso il Kandisky, deliziosi i gatti, deliziosa tu.
un abbraccio
il gatto ad un certo punto mi ha fatto pensare a quello de "il maestro e margherita"
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