20/10/14

Sala d'attesa

di Cristina Taliento

Oggi ero seduta su una sedia metallica fissata al muro di queste sale d'attesa che a dirla tutta sono un po' anche corridoi e a fianco a me si è seduto un vecchio e io ho pensato, vecchio saggio. Gli anziani mi calmano le ansie e le frenesie di questo mio cuore giovane. Però non ho detto niente all'inizio.
Doveva avere più di ottanta anni. Ha scartato una caramella Rossana. Gusto miele.
Poi me ne ha offerta una. Lo sapevo.
"Grazie".
"Prego!"
E siamo rimasti così per una decina di minuti. Con i vecchi non ti devi per forza applicare a trovare gli argomenti. Il silenzio va bene, loro sanno che non è mancanza di coraggio.
"Lavori qui?" mi ha chiesto indicando il camice che reggevo appeso all'avambraccio.
"Oh no no. Studio. Ancora. Eh"
"Ah. Brava". Ha aggiunto una frase in dialetto, ma non ho capito.
Ho sorriso.
"Il sogno di mio padre era che uno di noi figli diventasse medico, ma, sai, noi non si era tanto portati per la scuola...".
"Altri tempi" ho fatto io alzando le spalle.
"Lui voleva questo dopo la morte di mia madre. Tubercolosi. Nemmeno quarantacinque anni. Mah..."
Non sapevo che dire e se anche l'avessi saputo, avrei preferito non dirlo. Ma a volte è giusto dire qualcosa d'imperfetto.
"La medicina allora poteva poco. Un medico non avrebbe cambiato le cose".
"Quel giorno era tornata dalla campagna. Era sudata. Chiese di aprire le porte per fare corrente. Mio padre disse che così si sarebbe ammalata, ma io andai e spalancai porte e finestre. Ero un bambino, che ne sapevo. Però per colpa mia lei si è ammalata perché tutto quel vento che girava per casa le è entrato dritto dritto nel polmone, capisci? E nel giro di poco è morta".
I suoi occhi erano tristi.
"Ma signore...-ho detto io- ma signore, ha creduto fino ad ora che sua madre si è ammalata per questo?"
"Per questo e perché era tutta sudata. Dovevo ascoltare mio padre".
"Ma non c'entra. È un batterio. Se lo cresceva dentro già da prima, senza nemmeno saperlo e quel giorno si è solo mostrato. Poteva averlo preso anni prima. Magari lei nemmeno era nato oppure era cosi piccolo che non camminava".
Il vecchio mi guardava dubbioso. Cosi ho preso il cellulare. Ho cercato "mycobacterium tuberculosis" su Google. Sono comparse le immagini al microscopio, le colonie su piastra, i granulomi.
"Ecco, guardi". E gli ho spiegato un po' quello che sapevo. Lui ascoltava con un dito premuto sulle labbra.
Poi mi hanno chiamata. Era il mio turno.
"Beh allora io vado. Buona fortuna!"
Mi ha stretto la mano così convinto che per poco mi commuovevo. Chissà come deve essere stato l'aver scoperto da una studentella incontrata per caso di non essere il responsabile e nemmeno l'aggravante di quello sfortunato evento che era la morte della propria madre.

8 commenti:

Tomaso ha detto...

Cara Cristina, leggendo attentamente, mi sono reso conto che sei una grande osservatrice, le cose nella vita capitano a tutti ma ti le sai descrivere molto bene che chiunque le leggi si sente un po coinvolto.
Ciao e buona giornata e ceca di essere serena.
Tomaso

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ciao Tom! Grazie mille, buona giornata a lei!

amanda ha detto...

sarai un medico splendido :)

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ahahah magari, doc! Magari!! :-) :-)

Zio Scriba ha detto...

Magari anche una splendida scrittrice, e l'aver scelto Medicina invece di Lettere potrebbe essere un vantaggio enorme, vista la sclerotizzazione del nostro mondo cultural-accademico. (E poi da 'ste parti c'è un gran vuoto da riempire: siamo soltanto tre o quattro scrittori, quindi coraggio! :D)

p.s.
giorni fa ho scritto qualcosa a margine di un post più in basso, quello del 13 settembre. Nulla di importante, ma forse essendo roba vecchia ti era sfuggito, e ci tenevo tu sapessi che ti leggo sempre con piacere e curiosità!

Un abbraccio

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ahaha troppo gentile! Grazie della visita. La mia scrittura è un po' arrugginita, ma pur sempre necessaria (per me). Ciao, alla prossima!

Fausto Leali ha detto...

Non aveva bisogno della tua spiegazione, né, probabilmente, dopo quella spiegazione i lsuo scenario é cambiato.
Ma aveva bisogno di un Tu, qualcuno che facesse diventare il suo racconto relazione. E tu non ti sei tirata indietro.
Cresci da medico così.
ciao e grazie,

Fausto

"il medico ... deve essere vero con se stesso e con la sua vita. Per poter vivere con verità il destino dell'altro deve essere aiutato a vivere con verità il proprio destino. Deve imparare a giudicare la sua vita e le sue azioni non sulla base del loro esito, ma sulla base di ciò che le muove. E questo avviamento non é istintivo, ma é l'esito di una compagnia e di una educazione.
(...)Quello che permette al medico di non scoppiare dentro un rapporto con una persona che non può ottenere alcun evidente alleggerimento dalla pesantezza della sua situazione e quello che può permettere a chi é nell'indigenza di non disperare é lo scoprire che il vivere insieme quei momenti e con verità l'uno nei confronti dell'altro ha un significato che trascende i limiti dell'esito contingente della vicenda" (Antonio Rodari)

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Grazie mille Fausto, non sa quanto io apprezzi... :-)