di Cristina Taliento
Scrivi qualcosa, qualsiasi cosa.
Non c’era niente che potesse consolarmi oltre il violento battere delle mie dita sulla tastiera.
Mia sorella diceva “piantala” oppure ridendo diceva “non ti arrabbiare” quando sentiva che non erano i tasti, ma le ossa, a suonare. Tac Tac Tac. Suono della mia adolescenza. No, non è un vizio, non lo è mai stato. Questo continuo battere è il rumore della vita o di tante altre cose che chissà che bello sarebbe se sapessi spiegare. Anzi no, questo continuo battere non è proprio niente, è un rumore come un altro, come degli spari di pistola, come lo scoppio di una bottiglia di vetro, come il pianto di una prostituta. Questo continuo battere e battere, è soltanto un rumore che non è la vita, che non è niente se non l’infinito, quel fumo sotterraneo che mi brucia dentro e non so sciogliere. Prima ho scritto fosse la vita perché mi sembrava una frase d’effetto; qualcosa che attirasse terribilmente l’attenzione come per dire “La gatta sul tetto che scotta”, qualcosa del genere. La gente ama le frasi d’effetto. Conoscevo un tipo che invece le odiava, che girava gli occhi per interi secondi quando ne sentiva una. Per esempio, prima ho scritto che l’infinito è un fumo sotterraneo. Se gliel’avessi detto, mi avrebbe fermato con una mano impertinente per mormorare qualcosa come: “Non può essere. Non esiste il fumo sotterraneo. Dovresti scavare e poi metterci del fumo.” O chissà, magari mi avrebbe sorpreso rimanendo zitto. Credo si chiamasse Luigi, ma non faceva che ripetere “Chiamatemi Paolo, chiamatemi Paolo…” : chiamatemi Pollo, ecco. Lui veniva alle elementari con me, ma i suoi erano sempre un po’ stizziti per il fatto che non fosse stato mandato alle superiori con 4 o 5 anni d’anticipo. Il povero Pollo, dava una spiegazione a tutto e si puliva gli occhiali con gesti arrabbiati ogni volta che, una spiegazione, non riusciva a darla. Io gli dicevo che era proprio tipo da Università e che mio cugino di vent’anni capiva sicuro meno di lui. Mi piaceva un sacco vedere il povero Pollo che si gonfiava il petto. Forse pensavo che avrebbe fatto un bel chiricchicchì davanti a tutte le maestre ed i genitori. Adesso non so che fine abbia potuto fare il giovane Po. I suoi sedici anni non gli avranno impedito di crescersi un bel paio di baffi. Oppure è rimasto schiacciato dalle sue domande, o meglio, dalle inconcludenti risposte di cui noi uomini disponiamo.
“Rimani un Pollo, un po-po-povero piccolo Po-po-pollo- gli potrei canticchiare ora, con tutta la rabbia infantile che mi sento addosso- “quanta pena mi fai. Op op op, piccoletto, perché piangi? Ti sei accorto che i tuoi non so stanno superando i loro perché?
Non c’era niente che potesse consolarmi oltre il violento battere delle mie dita sulla tastiera.
Mia sorella diceva “piantala” oppure ridendo diceva “non ti arrabbiare” quando sentiva che non erano i tasti, ma le ossa, a suonare. Tac Tac Tac. Suono della mia adolescenza. No, non è un vizio, non lo è mai stato. Questo continuo battere è il rumore della vita o di tante altre cose che chissà che bello sarebbe se sapessi spiegare. Anzi no, questo continuo battere non è proprio niente, è un rumore come un altro, come degli spari di pistola, come lo scoppio di una bottiglia di vetro, come il pianto di una prostituta. Questo continuo battere e battere, è soltanto un rumore che non è la vita, che non è niente se non l’infinito, quel fumo sotterraneo che mi brucia dentro e non so sciogliere. Prima ho scritto fosse la vita perché mi sembrava una frase d’effetto; qualcosa che attirasse terribilmente l’attenzione come per dire “La gatta sul tetto che scotta”, qualcosa del genere. La gente ama le frasi d’effetto. Conoscevo un tipo che invece le odiava, che girava gli occhi per interi secondi quando ne sentiva una. Per esempio, prima ho scritto che l’infinito è un fumo sotterraneo. Se gliel’avessi detto, mi avrebbe fermato con una mano impertinente per mormorare qualcosa come: “Non può essere. Non esiste il fumo sotterraneo. Dovresti scavare e poi metterci del fumo.” O chissà, magari mi avrebbe sorpreso rimanendo zitto. Credo si chiamasse Luigi, ma non faceva che ripetere “Chiamatemi Paolo, chiamatemi Paolo…” : chiamatemi Pollo, ecco. Lui veniva alle elementari con me, ma i suoi erano sempre un po’ stizziti per il fatto che non fosse stato mandato alle superiori con 4 o 5 anni d’anticipo. Il povero Pollo, dava una spiegazione a tutto e si puliva gli occhiali con gesti arrabbiati ogni volta che, una spiegazione, non riusciva a darla. Io gli dicevo che era proprio tipo da Università e che mio cugino di vent’anni capiva sicuro meno di lui. Mi piaceva un sacco vedere il povero Pollo che si gonfiava il petto. Forse pensavo che avrebbe fatto un bel chiricchicchì davanti a tutte le maestre ed i genitori. Adesso non so che fine abbia potuto fare il giovane Po. I suoi sedici anni non gli avranno impedito di crescersi un bel paio di baffi. Oppure è rimasto schiacciato dalle sue domande, o meglio, dalle inconcludenti risposte di cui noi uomini disponiamo.
“Rimani un Pollo, un po-po-povero piccolo Po-po-pollo- gli potrei canticchiare ora, con tutta la rabbia infantile che mi sento addosso- “quanta pena mi fai. Op op op, piccoletto, perché piangi? Ti sei accorto che i tuoi non so stanno superando i loro perché?
16 commenti:
caspita se scrivi bene. non lo dico per fare il ruffiano, lo penso veramente.
il vecchio j.d. ne sarebbe fiero
anch'io avevo un amico che si chiamava pollo
però era sicuramente un altro
@marco: grazie tante :) arrossisco
@nick: ahahahahhaa grande ahahahahhah XDDD
Quoto Marco. Complimenti.
"quel fumo sotterraneo che mi brucia dentro e non so sciogliere"
questa è vera e propria poesia in prosa...
mi piace tutta la prima parte, ma quest'immagine è bellissima
poi nella seconda ti perdi un po', meno male che il pollastro s'è allontanato da te
:-)
@Hydra: ti ringrazio
@Itsas: grazie,
in realtà, mi capita di sentirmi come un'esploratrice che gira i boschi con 10 bambini dietro. Quei bambini sono i lettori. Alle volte, mi piacerebbe abbandonarli per andarmene lontano da sola perchè loro rallentano il passo e mi chiedono ansiosi dove li voglio portare. Eppure sarà grande il giorno in cui andremo lontani insieme.
allontanarti?
no, dai,
possiamo andare insieme!
:-)
per lo meno a me piace seguirti
poi quando vuoi stare un po' da sola, nessun problema, basta dirlo perché ci sono momenti così per tutti.
:)
volevo dire che non sono ancora in possesso di quella tecnica che mi permette di guidare il lettore. Mi rendo conto che a volte lo abbandono nel bosco e me ne vado.
ah, dimenticavo: il titolo del post è geniale!
ma a volte fa bene perdersi nel bosco
Beh, il fatto che ci sia del fumo sotterraneo è stato ampiamente dimostrato da Lost...
sentimento di fratellanza per te che batti forte sulla tastiera (io a volte sono come Liszt che spaccava i tasti del pianoforte, dal mio notebook è saltata via la "U", al posto del tasto è rimasto un "pìrulo" centrale che devo premere con cura e attenzione o la U non viene più...)
sentimento di pena per i polli con la metà razionaloide del cervello ipertrofica e l'altra metà assente o quasi, e che davanti al fumo sotterraneo s'impappinano per chiedersi se esista davvero...
Come al solito brava Cri... Stilisticamente perfetta in questo post. Di certo come dici non hai ancora la tecnica di una vecchia volpe, ma per gli anni che hai, ci sarà modo e tempo di affinarla no?
Pensandoci siamo tutti un po' polli. Tutti un po' infantili e capricciosi. Dobbiamo solo rendercene conto quando 'ste parti di noi vengono fuori per non essere polli anche nella vita!
La prima parte è bellissima!
Ciao!
Eccomi di nuovo qua.
Chissà che fine avrà fatto l'amico Pollo? a questo punto e lo chiediamo tutti.
Bravissima, come sempre.
@Marco: oh grazie, se vuoi puoi prenderlo quando scade :)
@Nick: indubbiamente
@Baol: eh già!
@Zio Scriba: tu sei proprio scrittore :)
@Rospo: Spero
@Andrea: grazie amico
@Alfa: ti ringrazio :)
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