di Cristina Taliento
Quello che dovete fare è prendere un vecchio e piazzarlo bello e buono al centro dei vostri pensieri. Fate che sia pelato, scalzo e in mutande. Ci penso io a farlo diventare qualcuno.
Il tale ha una canottiera bianca e le spalle strette, una catenina d'oro si infila tra le rughe del collo. Ha calzini lunghi, grigi, che non cambia mai e non sono bucati sul pollice perchè lui dice sempre "poche cose, ma buone" ed è per questo che non sono bucati sul pollice. Ha una camicia bianca sopra la o quello che rimane di una camicia bianca tanto è rovinata da far piangere i cani, ma nessuno può dirgli di cambiarsi la camicia perchè lui dice di avere i suoi buoni motivi se non l'ha ancora gettata. I pantaloni erano di un certo Salvatore Detrono, nato a Lequile e cresciuto a Lecce, morto per volere non suo, no di sicuro. Fatto sta che i suoi pantaloni sono finiti, nuovi non tanto, sulle gambe del Nostro Uomo e, stando al parere di questi, là devono rimanerci per ancora lungo tempo. E sopra la camicia bianca c'è una giacca blu o marrone o blu davanti e marrone dietro. Roba d'alta classe e non si discute.
Quei pochi capelli fissati all'indietro formano striature bianche e, sul naso, gli occhialetti pendono a sinistra. Cammina con una mano in tasca e l'altra che stringe la custodia del violino e se avesse la forza di un giovane se la metterebbe direttamente sulle spalle, ma questo che c'entra... se fosse più giovane, non suonerebbe canzoni tristi ai gabbiani. Quando si mette a guardare il cielo sposta la bocca tutta di un lato e non puoi mai sapere quanta rabbia e rassegnazione, paura e stupore, ci siano in quel gesto. Lui rivolta la mano in tasca e macina gli spiccioli che gli servono per campare . Mica accetta compromessi... ogni mattina si promette che dirà sempre quello che pensa. Non ha fatto patti con lo stomaco e lo lascia morire di fame tutte le volte che è arrabbiato con la stupidità del tramonto. E nel suo grande zaino lui vorrebbe metterci il mondo, ma poi si impone di lasciare tutto il mondo fuori e nessuno può dirgli niente. Qualcuno l'ha tormentato per una settimana, poi si è stancato e chi l'ha più visto; qualcun' altro voleva mettergli la cenere nel cappello, si è stancato anche lui e chi l'ha più visto. Io, se potessi, gli canterei:
"Ehi signor Marciapiede, sono qui, signor Marciapiede
Accompagnami sulla brezza della tuo violino
E non essere preoccupato per il rumore del vento;
Ehi signor Marciapiede, resta, signor Marciapiede
Sento premere la stanchezza sugli occhi
Ma non riesco e dormire;
Ehi signor Marciapiede, hai mai sentito il fuoco sulla pelle?
Hai mai visto pezzi di cadavere spuntare dalle macerie dei loro sogni?
Dimmi cos'è peggio
Non aver paura di ferirmi
Ti ho guardato, signor Marciapiede
e mi sono accorta di una luce che hai
tra la pupilla e il verde scuro,
è una luce di delicato stupore
troppo bella da sopportare
E ora dimmi, signor Marciapiede
credi di aver trovato la strada maestra
in quel sentiero di tuoni e fulmini?
Porta anche me, signor Marciapiede
so badare a me stessa
prometto che non ti infastidirò.
Nelle tue note di filo spinato
nella confusione del sole
ho trovato parole per te, signor Marciapiede.
Ehi signor Marciapiede, lo giuro, ho trovato
il respiro che avevi perso
su quella vecchia fotografia.
1 commento:
bello
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