di Cristina Taliento
Ci sono sere in cui fatico a prendere sonno e rimango a scazzottarmi con i miei pensieri per ore. Quelle sere vorrei aprire la cerniera del guanciale, ficcarci dentro la mia testa confusa e lasciarla lì, in castigo, in mezzo a tutte le piume. Ma non ho sempre il coraggio di eseguire quello che la mia pazza immaginazione mi grida di fare. Così, il più delle volte, mi rassegno e aspetto che mi venga a trovare Kiriakos. Il mio Angelo Custode, però, non si fa vedere quasi mai perché dice di avere sempre un sacco di faccende da sbrigare, "impicci" come dice lui. Eppure, quando supero il conto delle duecentocinquanta pecore, quando inizio ad aprire e chiudere gli occhi nel buio, quando mi ritornano in mente tutte le paure stupide che avevo da bambina, è allora che posso essere certa che prima o poi verrà il vecchio Kiriakos con le sue storie.
Sette giorni fa, è successo di nuovo. Lui è arrivato con la sua bronchite cronica, il suo mantello antico e la barba bruciacchiata.
Mi ha guardata e ha detto: "Sei ridotta male, figlia".
Non mi piace quando mi chiama "figlia", ma è uno di quei tipi che tu potresti correggere all'infinito senza che ti stiano mai a sentire. Incredibile.
"Anche tu, vecchio. Ma sai che ti rispetto."
Tre colpi di tosse, poi: "Ho una storia da raccontare, figlia"
"Grande, e di cosa parla?"
"Se vuoi sapere soltanto la trama puoi anche andare su Televideo. Le mie storie non si vedono al cinema. Le mie storie- colpo di tosse- meritano un altro atteggiamento"
"Ehm... Kiriakos, sarò molto attenta alle tue parole. Ti prego di iniziare la tua storia."
"Con molto piacere"
"Nel deserto freddo che si estende tra la Valle delle Mantidi Cieche e le Pianure Sboccate, c'era un enorme distesa perennemente illuminata dalla luce del Sole. Su di essa non crescevano alberi, né vi erano altre forme di vita. Soltanto una presenza regnava al centro della desolata distesa. Sulla terra tormentata dal Sole, infatti, si reggeva dritta una figura di una fanciulla, ma questa appariva come incelofanata in uno strato di ghiaccio e nessuno avrebbe potuto dire, guardandola, che fosse viva e respirasse. I suoi occhi erano sbarrati e fissavano un punto lontano, i suoi muscoli erano ibernati in quel gelo immerso nel raggio battente. E la sua ombra-oh la sua ombra!- era immobile come un corvo portatore di sventure. "
"Perché il ghiaccio non si scioglieva, Kiriakos?"
"Siamo nel mondo delle fiabe, cazzo!"
"Va bene, ma tu non dire le parolacce"
"E tu non mi interrompere"
"Scusa"
"Fino ad allora non si era udito che silenzio, muto e bianco silenzio. E, comunque, nessuno lo aveva notato questo silenzio, perchè, come ho già detto, non vi era nessuno che poteva udirlo.
Un giorno, però, arrivò un esercito e se ci fosse stato qualcuno in vita, avrebbe udito un gran cozzare di armature e piedi. Si trattava della IAPAC, ovvero l'Invincibile Armata dei Principi Azzurri Cadetti : un esercito di buffoni biondi con un sorriso ebete che credevano di essere migliori di chiunque altro essere al mondo. Uno spettacolo grottesco.
Camminavano come gli stupidi attori dei tuoi tempi ed avevano una sicurezza addosso così abbondante tanto da risultare ridicola. Dopo aver constatato la solitudine in cui era immersa la distesa, si abbandonarono ad atteggiamenti poco nobili come grattarsi sotto l'armatura, mangiarsi le unghie, ruttare e... insomma, puoi immaginare, figlia.
Ma non appena notarono la presenza della fanciulla, come punti da una vespa, si composero immediatemente in una schiera perfetta. Ritti come veri soldati.
Il generale dei Principi Azzurri Cadetti si fece avanti, si schiarì la voce con un gesto teatrale e chiese alla fanciulla, di grazia, da dove venisse. La fanciulla, che, pur stando sotto la pellicola di ghiaccio, sentiva e vedeva, rispose che veniva da un luogo lontano dal loro, un luogo che, anche se l'avesse nominato, nessuno l'avrebbe conosciuto. I Principi Cadetti iniziarono a pomparsi, ad assumere arie da cavalieri salvatori e ad attrarre le attenzioni della giovane. Ma quella rimaneva rigida nella sua scomoda posizione.
Il generale le chiese cosa facesse lì, tutta sola, senza un Principe Cadetto al suo fianco e lei rispose che si trovava lì, da sola, perché era stata allontanata da tutti i Principi Cadetti di questo mondo. Ed il freddo del suo cuore aveva congelato il resto del suo corpo.
Il generale, allora, si scrollò il mantello dietro le spalle, fece un inchino ed invitò la fanciulla a scegliere uno dei suoi cadetti. Ma quella, dopo averli guardati, li giudicò stupidi e rifiutò l'invito.
Il generale sbatté tre volte le lunghe ciglia finte e, poi, scoppiò in una risata convulsa. Seguirono le scomposte risate di tutto l'esercito di buffoni. Uno spettacolo che continuava ad essere grottesco.
La fanciulla rimaneva impassibile. Le risate continuarono per una mezz'ora buona perché erano degli sciocchi e lo sciocco, purtroppo, non sa quando frenare lo scherzo. Il capo della IAPAC si avvicinò, alla fanciulla e parlò così vicino al suo volto tanto da sfiorarle le labbra viola e le guance bianche. Le disse che era lei l'unica responsabile della sua sorte, che era stata solo lei ad allontanare l'amore e non viceversa. Le risate scoppiarono di nuovo e l'Invincibile Armata dei Principi Cadetti si allontanò come un gruppone di oche starnazzanti.
La fanciulla però si sentii un po' ferita e rimase a guardare la sua ombra. Quanto avrebbe voluto seminarla, affossarla nel terreno su cui strisciava. Storse lo sguardò al Sole e si chiese se mai fosse tramontato per vedere la sua ombra sparire."
"Posso parlare?"
"Stavo appunto dicendo che la storia finisce così"
"Posso parlare ora, Kiriakos?"
"Si"
"Bella storia"
"Grazie"
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