di Cristina Taliento
Giaceva, questa volta, nel letto della sua abitazione. La sua defunta moglie lo guardava da dietro una cornice con uno sguardo di rimprovero che taceva quella famosa tanto odiata domanda: "Gi, che hai?".
"Non ho niente, lasciami in pace!" rispondeva burbero e soporoso a chi di preciso non si sa. Il gatto infastidito si voltava di profilo.
Delirava, teso e accaldato
arrampicato in mutande sulle pareti
di chissà che razza di stanza fosforescente della mente.
Francamente dispnoico,
febbrile,
solitario.
E quell'orribile vaso di cartapesta davanti alla sua vista,
persino in punto di morte.
"Quindi è così-pensava-
quindi è così che me vado...".
Ma non era un pensiero,
era al più il solletico
di un pensiero,
il solletico di giorni vissuti,
di pioggia incessante,
fette biscottate,
amore.
"Toglietemelo davanti!" esclamava nella sua testa. Tuttavia nella stanza non si udiva che un lamento.
Se la prese con me. "Non posso credere che poni fine alla vita del tuo più amato Personaggio facendolo crepare per mano di un virus!".
Alzai la testa dalla mia macchina da scrivere. "Prego?"
"Non per mano di un virus"disse tossendo.
"Non morirai, è solo un mio modo per esorcizzare la paura" dissi tornando a scrivere.
E aggiunsi guardando dalla finestra le nuvole: "Laggiù c'è un temporale".
2 commenti:
Cara Cristina,come vedi, oggi tutti abbiamo altre, preoccupazioni cose nuove, speriamo che passino.
Caro Voltaire, grazie della gradita visita...Ciao e buona domenica con un forte abbraccio e un sorriso:-)Tomaso
Cuoricino.
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