(Jeffrey Larson)
Sono morti i giornali. Sono morti Cohen, Reed e le nostre Parigi idealizzate. Le frasi scritte sui diari, l’amore cieco, le gonne di stoffa leggera.
Sono morti i nostri discorsi su Israele e Palestina.
Sono morti i racconti che scrivevo in piedi nel capanno degli attrezzi. Sei morto tu che li leggevi con voce solenne per poi scoppiare a ridere.
Sono morti Catullo, Orazio, Allen Ginsberg.
Sono morte le feste in maschera e il mio costume da aviatore giapponese. È morto il martedì grasso, il venerdì santo, i canti di messa.
Sono ingrassati i calciatori e tutti i guardalinee.
Sono morte le tavole anatomiche del Netter, le notti prima degli esami, gli alberi intorno al padiglione di Clinica Medica.
Sono morte le lune piene, i motorini e le strade che ci portavano al mare.
Sono morti i cuccioli di volpe che io e te avevamo trovato in campagna. I tuoi occhi felici per quella scoperta, sono morta io che ti tenevo ferma la torcia per vedere meglio nella tana.
Sono morti i lacci annodati intorno alle caviglie, i maglioni messi al contrario, i piercing sul sopracciglio, le trecce colorate e tutti i nostri tentativi di dire al mondo che eravamo liberi.
Più liberi. Ancora di più. Rispetto a cosa non lo so.
Non c’è più rumore.
Non c’è più chi suona la chitarra.
Tutti dormono nella noia di un futuro che sa di passato.
E cosi,
scrivo perché
sento che devo vegliare,
devo
restare
sveglia.
Io e gli altri poeti facciamo una videochiamata.
Non so nemmeno io perché mi sono connessa su Skype.
Leggo questa poesia.
Il critico di Autori Esordienti Oggi mi dice con un tono un po’ da rimprovero a tratti compassionevole: “dal tuo modo di scrivere traspare molta malinconia, ma non una nostalgia leggera, più che altro una tristezza pesante”.
Sorrido alla telecamera.
Sei, sette persone in collegamento.
Accidenti.
Nascondo l’ansia toccandomi per un attimo la fronte (vorrei morire).
Così dico e non mi viene proprio in mente nient’altro:
“Purtroppo la mia scrittura è sempre stata un po’ nostalgica e triste,
ma non credo che mi sarei espressa in altro modo”.
4 commenti:
Cara Cristina, è il tempo di tirare le conclusioni, tutto passa e ci troviamo nella realtà che speriamo che presto finisca e che rimanga solo che è stato come un brutto sogno.
Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
C'è chi può essere lieve in questa fine di marzo 2020?
Non sapevo ci fosse un modo per catalogare le tristezze leggere da quelle pesanti, pensavo che piangessimo da tutti e due gli occhi, non solo da uno.
Grazie di cuore a voi tutti ,
Cristina
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