13/01/17

Il club dei narratori senza narrazione

di Cristina Taliento


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(Convergence, Jackson Pollock, 1952, oil on canvas)

Questo è il giorno perfetto per scrivere, a volerlo fare, a saperlo fare. Ad esempio, il cielo è celeste e davanti al cielo c'è un albero verde scuro e  questi due colori insieme ispirano tante cose, tante cose tutte insieme e se si fosse scrittori, si farebbe un bel narrare, un narrare liscio, senza ripetizioni nè malinconie, una roba forte doppio malto, doppio whisky da bere in un sorso e poi cadere stecchiti sul pavimento, simulando teatrali convulsioni, spasmi, morte. C'è persino del fumo poetico che esce da sopra un tetto, nell'aria gelida di un gennaio enigmatico. Questa mattina poi le strade erano ghiacciate e così in strada al posto delle macchine e delle persone c'era il Silenzio. E a certi scrittori, si sa, il Silenzio piace. 
Eppure per i narratori senza narrazione, i giorni così sono buoni solo da vivere internamente, perchè questi narratori non hanno abbastanza parole adatte per descriverli, per farne Scrittura; invero, spesso si confondono e ridono, si perdono nei dettagli, respiri, più piccoli, quelli da cui non potrà nascere nè una trama, nè un finale. Sorridono, dicono che non fa niente e si toccano la fronte, a loro non importa se sono nati senza talento. Quello che fanno è andare semplicemente tutti insieme sul terrazzo della casa di Giò. Per convenzione, hanno deciso di salutarsi alzando la mano, evitando di dire "ciao" o altre riverenze del genere. Qualcuno fuma e qualcun'altro no, tutto qui. Le innumerevoli Storie che hanno in testa si possono paragonare ai fili elettrici che come ragnatele si intrecciano nelle strade e tra le quali, talvolta, resta impigliata una piuma, una busta di plastica o, se si guarda dalla giusta prospettiva, la stella delle diciassette e venti che ha tutta l'aria di essere un tramonto.
I narratori senza narrazione si siedono da qualche parte, dove trovano, in punti diversi, lontani tra di loro. C'è chi dà le spalle al vuoto e chi nel vuoto ci fa dondolare le gambe, sentendo il crepuscolo sulla lingua, mentre i primi lampioni si accendono e i merli camminano sui cornicioni. 
Non sono sempre gli stessi. Quando qualcuno scrive un libro, saluta tutti e se ne va. Allo stesso modo, salgono sul tetto quegli scrittori che non hanno più niente da dire oppure non vogliono più narrare e si arrabbiano se chiedi perchè.
Per essere ammessi basta soltanto bisbigliare qualcosa a proposito dell'Infinito in senso metafisico o in senso organolettico, dichiarando di essere ispirati e incapaci, entusiasti incompetenti, commossi dal cielo, ragazzi dentro, orecchi musicali. E poi basta, ti siedi e stai lì con te stesso, con le Storie, le Descrizioni, i Capoversi, i Capitoli ed è una specie di racconto immaginato, sbiadito, evaporato nella sera. Come un blues, il tuo blues evaporato nella sera. 

2 commenti:

Tomaso ha detto...

Cara Crestina, le nostre immaginazioni sono infinito, noi creare un racconto che ci illude noi stessi, ma continuiamo sempre e alla fine ci sentiamo soddisfatti e essere ancoro seduti tranquillamenti.
Ciao e buona serata cara amica con un abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ciao signor Tom, le sue parole mi piacciono,
un abbraccio, buona serata,
Cristina