09/08/16

Festa

di Cristina Taliento




(Musique, Henri Matisse, 1910, Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo)

È sera e ci sono luminarie. Il sole è tramontato da poco e il suo odore non è ancora scomparso nel buio, la tramontana non l'ha ancora portato via. I raggi di luce, si sa, profumano di grano e di viole. A pomeriggio c'è stato un temporale e il cielo sembra un capodoglio ferito che deve ancora guarire. Ogni tanto si vede una stella e qualcuno pensa che allora l'indomani si potrà andare a mare e ci sono dei vecchi seduti all'uscita del bar che vedono- e chissà se non le vedano davvero- delle sfumature color ruggine tra le antenne delle case. "Rosso di sera buon tempo si spera" dice uno. Gli altri alzano il mento.
Le persone si radunano in piazza perché il Comune del paese ha finanziato un progetto di musica di strada dove, nelle diverse serate, si alternano personaggi ospiti come Renzo Arbore a gruppi di bande provenienti da varie parti dell'Italia, ciascuna con il suo stile.
Stasera è la volta delle bande: sette otto bande che si muovono a suon di musica, girano tra la gente e si fermano di tanto in tanto in un angolo di piazza, lontane abbastanza tra di loro affinché le note non si sovrappongano, e continuano a suonare, facendo qualche numero in più, dato che, quando sono fermi, si radunano gruppi di bambini curiosi con genitori al seguito o comitive di ragazzi in vacanza che stasera hanno preferito il paese alla movida cittadina.
Tante bande tra la tramontana. Le signore, infatti, hanno quasi tutte il cardigan che mettono e tolgono perché sì, a volte fa un po' freddo, ma poi a battere le mani tutti insieme torna presto a far caldo.
C'è in giro un certo grado di tranquillità, di paradossale quiete malgrado gli ottoni e le grancasse. Forse perché ieri, qui, nella stessa piazza c'è stato Renzo Arbore e la folla arrivava fino al Bar Valentino. Le aspettative erano maggiori, i turisti erano tanti e tra i residenti c'era chi assisteva con braccia incrociate per vedere se lo spettacolo valesse davvero quei sessantamila euro della cittadinanza. Così, chi diceva "è stato bello" acconsentiva agli sperperi e chi diceva "beh dai", no. Ieri tutti si sentivano coinvolti, se non nei gusti musicali, nel partecipare con un' opinione o un sorriso. Mentre stasera è un po' come ritrovarsi e basta, senza la pretesa di essere intrattenuti a dovere, perché è una di quelle feste come una volta, quando non c'erano turisti da attirare o eventi da promuovere. Una di quelle feste dove le persone profumano di sapone, hanno camicie stirate e c'è sempre qualcuno che vende palloncini con l'elio e zucchero filato. Ci sediamo a gambe incrociate sul palco del concerto di ieri che oggi è stato invaso da bambini a cui non importa molto ascoltare le bande. A noi, invece, piace, ma ci fanno male le ginocchia e da quassù, poi, la visuale è migliore, anche se il vento è forte e batte sul collo. Prende a tutti una voglia di ascoltare, di lasciare che l'animo del paese ci torni dentro con le sue immagini e le sue atmosfere. Da qui è facile vedere ragazzi che ballano, gente che si saluta da lontano come gli anziani che si scambiano cenni del capo, bambini che battono il cinque, oppure strette di mano, presentazioni, "questa è mia figlia", baci sulle guance. È bello.
È bello davvero. Ci sono cose che rimangono nostre per sempre come la serenità di stare qui, ora, tra i cuori di tutti. A casa. 

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