di Cristina Taliento
(Giuditta che decapita Oloferne, Artemisia Gentileschi, 1620, olio su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze)
Il passato dei secoli e di Roma era seduto in quell'immenso teatro e lui sul palco immaginava quel vecchio che fumava la pipa sui gradini della Cattedrale con accanto, arenata in discesa, la sua barca a remi dipinta di rosso e verde bottiglia. La letteratura romantica sedeva in prima fila, gli impressionisti in piedi vicini all'uscita parlavano con le mani sui fianchi e ogni tanto giravano la testa per guardare l'adolescente sotto le luci. Ridevano. C'erano classicisti dappertutto e filosofi dappertutto. Un uomo girato di spalle poteva essere D'Annunzio oppure Pirandello e quello a fianco Marco Aurelio. Alcuni gatti camminavano con la coda alzata sulle travi più alte a cui era appeso il sipario. "Mi ritiro da questa scena" disse l'adolescente e soltanto pochi lo ascoltavano. "Ho chiuso, basta, me ne vado" disse dopo una pausa. Molti dei romantici francesi accavallarono le gambe e incrociarono le braccia. I grammatici della lingua italiana sorrisero con approvazione. "Non pensate che non ci abbia riflettuto. Voglio dire, l'ho fatto. E secondo me, secondo molti, anche, questo scrivere arrovellato appesantisce e uccide". Un gatto saltò silenzioso sul palco. L'adolescente lo prese in braccio e continuò: "Si, non mi sono reputato all'altezza di questo impiego. Credo per mancanza di fegato". Annuì a ciò che aveva detto. Qualcuno si schiarì la voce. Herman Melville. "Questo lo capiamo giovanotto, ma... qual è il punto?" chiese dietro la pesante barba scura. Il gatto miagolò. Miaooo. E ancora miaooo. "Il punto, signor Melville, è che non voglio morire da uomo che ha pensato tutta la vita. Scrivere è, in qualche modo, pensare ed io ho deciso che voglio per lo più fare altre cose".
"Che genere di altre cose?" chiese malinconico Chateaubriand con il pugno che reggeva il mento.
"Lavorare, per esempio" rispose l'adolescente mentre accarezzava la coda del gatto. Cecco Angiolieri scoppiò in una risata sguaiata. Petronio si girò a guardare il poeta disgustato e poi disse: "Perdonalo, caro, ma di questi tempi la volgarità è proprio ovunque. Ad ogni modo, non dovresti giungere a conclusioni così affrettate. Hai considerato i vantaggi dello scrivere? E poi vorrei chiederti, sei sicuro di essere impassibile alle grandi opere della letteratura?".
"Mah-fece l'adolescente- senza offesa, mi avete deluso tutti". Un bicchiere di assenzio cadde a terra. Il gatto rizzò gli artigli e fuggì spaventato. Dante Alighieri portò lentamente una mano alla bocca: "Misericordia..." disse tremando appena.
"Signori, poeti, vi supplico, vogliate comprendere. Sono molto confuso, ma quello che ho detto è vero. Voi, padri della letteratura, non avete sbagliato a scrivere, ma... ecco... a pubblicare! Dovevate farvi, come dire, gli affaracci vostri! Gli affaracciacci vostri!". Iniziò a ridacchiare con le labbra chiuse e poi a ridere sempre più forte.
Petronio serrò la mascella indignato e si guardò la spalla con le sopracciglia alzate. I puristi della lingua indietreggiarono a rallentatore. Il professor Carducci si alzò con aria pragmatica e disse: "Gli sciocchi soltanto rinnegano con tale arroganza i padri che li hanno cresciuti. E con questo dico che lei si è servito della letteratura passata per scrivere le sue ridicole opere e adesso ci sputa addosso la sua saccenza!"
"Ma stai zitto, pagliaccio! Ti hanno già declassato a poeta di serie B e ti assicuro che i miei figli non sapranno nemmeno il tuo nome, tanto hai rotto le scatole con la pargoletta mano, il triste decumano dà bei vermigli in fiore! La damnatio memoriae è ciò che ti spetta, deficiente!". A quel punto molti scrittori uscivano dalla sala in segno di protesta e Pascoli faceva un segno tacito al servizio d'ordine di prendere l'adolescente e portarlo via. E mentre lo afferravano per le gambe e per le braccia gridò mentre si divincolava: "Con voi, maledetti fascisti, finisce sempre così. Lo sapevo io che non si poteva parlare. Eh lasciatemi! Ma adesso sono proprio sicuro che con voi ho chiuso e che mai più scriverò altre parole. Neanche pef idea a difventare come fvoi, gufi impagliavfti, lasciafvtemi!". Così scomparve dietro le quinte, come tutti gli attori e i condannati a morte, e forse fu soltanto un'allucinazione quella di aver visto Joyce che gli faceva l'occhiolino.
1 commento:
Ciao!
Purtroppo in cucina, a parte lavare i piatti, niente da fare ad essere sinceri! Ma posso sempre migliorare/imparare :)
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