di Cristina Taliento
(San Sebastiano, Andrea Mantegna, 1481, tempera a colla su tela, 257 x 142 cm, Museo del Louvre, Parigi)
Soffriva ora di un morbo chiamato di Fitzpatrick-Smith. Si rifiutava che la sua pelle vedesse la luce del sole. Teatralmente afflitto si trincerava dietro le pesanti coperte di lana e aspettava che giungesse la notte. 'Sono malato, mio caro Isaac-diceva al ritratto di Newton- e la cosa più dolorosa è che i medici non lo capiscono... Imbecilli! Mi sento così triste e amareggiato, non saprei come spiegartelo. Vedi, la morte aleggia sulla mia testa. Sento avvicinarsi il cavaliere nell'ombra, eccolo sfoderare la spada, Isaac. Mi accarezza la carotide con la lama ed io imploro con voce impaurita oh vi prego, sono così giovane, non mi uccidete, abbiate pietà, prometto di guarire, di vivere intensamente. Così tento un sorriso tirato, ma il cavaliere schiocca la lingua e la mia testa schizza via come una palla da golf, rompe una finestra e cade, splash, in un acquario di pesci gatto... Oh Isaac, sono così annoiato, non saprei come spiegartelo'. Camminava per la sua stanza con una sciarpa nera avvolta su metà del viso, con gli occhi costruiva nella penombra pareti e altre pareti sopra quelle che già c'erano. Si avvicinava allo scaffale di libri e leggeva svogliato alcuni titoli: La Bibbia, Delitto e castigo, Il Piacere. E pensava:
'Che razza di bastardo sei, Gabriele D'Annunzio. Certo, ti avrei eletto comunque mio amico, saremmo andati insieme alle feste, ma non ti avrei chiamato nel caso mi fossi innamorato o nel caso mi fossi cacciato nei guai. Una volta mi hai fatto sentire un perfetto idiota. Continuavi a prendermi in giro per la mia erre moscia davanti ai tuoi stupidissimi amici. Stronzo'.
Oppure si sedeva sul bordo del letto e guardava il soffitto con curioso interesse. Incrociava le braccia sul petto e d'un tratto chiedeva: "Mi giudicate pazzo, nevvero? Invero, lo sono. Per amor del vero, ammazzatemi, forza colpite, sono qui per voi, trascinatemi nel vostro torbido vortice di peccatori e vinti. Ebbene, ho peccato, ho marinato, ho fumato, ho stracciato alcuni libri del nonno, ho tradito, ho rubato soldi per comprare ozio, ho mentito. Si! Ho mentito, sono stato amorale e bugiardo e adesso sparate! Sparate, vi dico". E così si ritrovava steso sul letto, con la faccia immobile di chi ha un dubbio e guarda fisso, la bocca semiaperta. Fingeva il rigor mortis, ma dopo qualche secondo si alzava barcollante per recuperare le pantofole che durante lo sparo erano volate come uccelli.
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