Scrivere fu il suo unico modo di allenare il metacarpo e tutte quelle falangi
31/10/10
Ritratto di un musico assorto
24/10/10
Volevamo
Volevamo spostare il vento con le nostre braccia
o un aquilone col pensiero
e guardavamo i gatti che miagolavano sulle macerie
e non avevamo cura delle sirene lontane
o del vago sentire per non tornare.
Volevamo violare le leggi del vuoto
e strappare le pagine della Filosofia
o stringere tra i denti i mozziconi del futuro
e masticarli fino a farli diventare polvere
e poi ingoiarli come belve troppo sazie e troppo morte.
Volevamo scrivere per giorni interi
o dare pezzi di pane alle anatre
o rincorrere i treni fino a sera
e urlare come uomini che hanno perso i figli
e farlo per rompere il bicchiere del silenzio
o per la rabbia di non riuscire a capire.
Maledetto capire, maledetto volare.
Volare... volevamo volare;
capire è morire.
19/10/10
Discorso del matto Genda agli allievi
15/10/10
1993
10/10/10
I vecchi
di Cristina Taliento
Quel pomeriggio d’autunno eravamo tutta la comitiva al completo: un gruppo di idioti che si rubavano le scarpe a vicenda e facevano finta di gettarle nel mare. Ricordo un sacco di sorrisi bianchi e tanta luce che entrava nei nostri capelli ribelli. Non dovevi battere il cinque quando Lisa ti piazzava la mano davanti la faccia perché poi succedeva che mentre alzavi la tua, lei ritirava la sua e faceva come per lisciarsi i capelli e poi si metteva a correre, gridando che stavolta te l’aveva fatta. Allora io, ogni volta che mi gridava “ Ehi batti cinque, Cris”, gli alzavo il dito medio con un’aria da innocente e lei rideva un sacco, ridevano tutti. E le nostre risate, i nostri strilli, i nostri “lasciami, mettimi giù”, brillavano così tanto sulle creste argentate delle onde da sembrare rumori lontani portati dal mare, come le alghe o il petrolio. C’erano poi dei vecchi pescatori che ci guardavano tristi dalla loro barchetta di assi rossastri e quello con con il berretto di lana sembrava fischiare un motivetto che mi ricordava “Let it be”, ma nessuno di noi ci aveva fatto caso, nessuno di noi aveva notato i pescatori e quella melodia tranne io ed era come se all’improvviso le sagome dei miei amici si fossero dissolte tra la sabbia alzata dal vento e dalla luce. Guardavo i pescatori, le loro rughe rassegnate, le loro braccia piene di ematomi e macchie e mi venne da piangere. Sentivo la loro vita sulle mia braccia e mi volevo sedere, ma non ci riuscivo.
I vecchi mi fanno piangere perché quando incontri i loro occhi puoi scorgere la soluzione della vita, come quella di un gioco e via dicendo. I vecchi non fanno lunghi discorsi, ma poi dicono una frase che ti toglie il fiato e capisci che tutte quelle inutili parole con cui cercavi di intrattenerli non valevano nulla. I vecchi si alzano presto la mattina e fanno le loro cose in silenzio senza disturbare nessuno e poi passano un sacco di mesi sotto una veranda e tengono la testa dritta e puoi capire che stanno pensando dal colore dei loro occhi che da grigio diventa verde o azzurro e non è il riflesso del cielo, non sono gli alberi, ma sono i ricordi o i sogni oppure un misto di ricordi e sogni che non hanno passato né futuro. I vecchi soffrono per il ticchettare delle lancette, per l’indifferenza con cui vengono trattati, ma non ci riescono a farne una colpa a nessuno perché trovare il colpevole è cosa superata per loro.