Questa è una di quelle storie che la gente chiama "senza capo nè coda" e non vi posso nemmeno assicurare che abbia un corpo, ma il suo pezzo forte è quello di essere vera.
C'era un australiano che sulle prime sembrava un pazzo, ma bastava fissarlo un attimo per capire che era un pazzo pezzo autentico, un opera d'autore. Solo due cose sul suo conto potevi dare per scontate; la prima era che aveva sorpassato i 50 e la seconda... beh, la seconda era che amava lo sballo alla follia e tu potevi essere uno di quelli che se ne stanno seduti mormorando di essere astemi e contro l'alcool o uno di quelli altri che invece dicono di sapersi divertire senza bere nè assumere altro, potevi essere di qualunque idea e morale, ma caspita, non potevi non ammettere che quell'uomo sapesse il fatto suo e che, guardandolo, forse l'avresti invidiato anche tu. Come dicevo, non era italiano, molti dicevano che fosse australiano; riguardo alla sua nazionalità non saprei dirvi con precisione di dove fosse e, vi giuro, che mi sarebbe importato saperlo, pensate che lo chiesi anche al barman, un deficiente patentato con cravatta e cappellino che mi rispose :" deve essere australiano o giù di lì..." e chiesi ancora: "che cavolo vuol dire 'giù di lì '?", mi guardò come stesse pensando che fossi proprio scema e mi rispose con un tono che faceva tanto: perchè non ti togli di mezzo bambina? Comunque mi disse che "al suo paese" con quell'espressione intendeva un "australiano, inglese, americano... quella razza lì" . Il mio cervello perplesso si ricordò di ringraziare e ritornai a focalizzarmi su quel soggetto interessante su cui magari avrei potuto scriverci una storia, anche se, mi dicevo tra me e me "sarebbe una di quelle storie che la gente chiama senza capo nè coda e al mondo d'oggi tutti vogliono sentirsi raccontare storie che abbiano del pratico, un'inizio e una fine".
Quando ballava ti dava l'impressione che in pista ci fosse solo lui, solo lui e nessun altro. Non era un bravo ballerino, ma chi lo sapeva cosa fosse stato realmente... Magari era proprio un ballerino, uno di quelli che sono nel fiore della carriera, poi succede che si rompono un tendine e non possono più ballare, così pensano che la loro vita sia rovinata, tutti i sogni infranti eccetera eccetera e se ne vanno ad ubriacarsi per il resto della loro vita in un bar, poi quando sono proprio ubriachi fradici o, addirittura, annegati nell'alcool, si mettono a ballare scompostamente, ridicolamente e buffamente, ma si vede che ce l'hanno nel sangue la musica, il movimento, la danza. E poteva darsi che in passato non aveva mai avuto a che fare con teatro, sale prove, scaldamuscoli e calzamaglia, ma nel sangue aveva l'Arte. Avrei potuto scommetterci la la mano destra se avessi trovato qualcuno disposto a pensarla al contario, ma ovvio, non lo avrei trovato.
In giro (le persone che componevano il cerchio di gente in cui lui ballava al centro) si mormorava che avesse bevuto 14 mojito tutti di seguito senza ghiaccio nè niente, li aveva buttati giù di seguito sotto lo sguardo agghiacciato del barista e quando aveva, finalmente, finito di scolarsi l'ultimo bicchere si era rivolto a questo con un sorriso lucido e aveva esclamato: "the bill, please!" . Il barman aveva smanettato un po' sulla cassa e, strappato lo scontrino, glielo aveva consegnato. Lui aveva pagato come avrebbe fatto un normale avvocato di Milano dopo aver bevuto l'aperitivo analcolico delle 10. Storie che se decidi di raccontarle in un blog rischi di passare per pazza, ma adesso sto davvero sopravvalutando questa che, in fondo, non può chiamarsi nè storia nè niente.
Eppure, amici, nella mia breve vita, sono 16 a Novembre, ho capito che le storie vere stile cinema mozzafiato sono poche poche, meno delle cicale in inverno. La normalità è fatta di pezzi di pellicola spezzata che sembrano non avere mai un senso, pagine rimaste accartocciate tra il marciapiede e l'asfalto che volano via al passare sfuggente delle auto. Il bello sta nel fatto che le emozioni vengono scatenate anche quando non ci troviamo di fronte a grandi finali o colpi di scena e quando non ce l'aspettiamo la nostra pelle diventa come quella di un'oca. La normalità, a volte, ci lascia seduti a guardare spiazzati un punto fisso perchè ci svela in una scena la storia di una vita, solo che dobbiamo essere noi a fermarci, prendere la pagina accartocciata, spiegarla con le mani e... leggerla.