(Dunlop Street, Little India by PaulArtSG)
Strade. Strade sotto nuvole, coriandoli qua e là. Cammino per vie che allungano il percorso, come spesso accade in febbraio, come dicevo sotto più nuvole che sole, tra i coriandoli, in mezzo ai ragazzini dagli occhi grandi che tornano da scuola. Autobus, fruttivendoli, lattine di birra per terra, mentre l'Uomo del Kebab esce dal suo locale, con ancora il grembiule addosso, guarda a destra, a sinistra, sono le tre del pomeriggio, chi vuoi che abbia ancora fame a quest'ora. Smontano dal turno della mattina i volontari di Croce Rossa. Alcuni li conosco, faccio un cenno del capo.
C'è una piazza più avanti - più avanti rispetto ad un posto indefinito- una piazza, dicevo, diversa dalle altre. Si ritrovano gli immigrati, ascoltano musica ad alto volume, appoggiati ad un muretto ridono, scherzano, mi chiamano 'bela ragaza'. Ma no, non è vero. Sembrano felici, sollevati, come se stessero bene. La musica è una musica che non conosco, qualcosa di lontano, diverso dai miei gusti, ci sono troppi suoni, a stento riconosco la presenza di una chitarra. Alcune mamme spingono passeggini vuoti, i bambini corrono per la piazza. Non so, vorrei fermarmi un attimo, inventare una scusa per restare lì con loro. Così, rallento, respiro quel sound semplice, l'energia di un gruppo di persone che sta condividendo qualcosa, cosa non so, magari soltanto un'idea, un ricordo, il senso dell'appartenenza. Penso che, se rallento il passo, do il tempo alle parole di maturare, di capire cosa sta sentendo il cuore perchè, alla fine di quella piazza, ci saranno strisce pedonali e palazzi, altre strade e chissà che fine farà quella sensazione, il calore. Così mi appunto queste parole in testa, accanto alla definizione di linfangioleiomiomatosi:
vi era una piazza,
laddove nessuno poteva non ridere alle battute del vecchio Amad
e dove i bambini correvano sulle punte dei piedi,
del resto, la loro leggerezza lo permetteva.
Per cui io mi toglievo il cappello,
temporeggiavo, volevo starci dentro,
altri trenta secondi soltanto.
E più o meno è sempre la musica a descrivere i colori, le strade. Il suonatore di fisarmonica dalle belle mani ha una visiera che gli copre metà del viso. Sbaglia una nota e poi un'altra ancora, ma è la strada, mica un teatro e chi se ne frega, è tutto un macello, un pomeriggio disordinato di gabbiani e corvi, clacson, tassisti in protesta, vecchi polemici che commentano ad alta voce le notizie sulle locandine all'esterno delle edicole e cani, tantissimi cani di tutte le razze, barboncini, rottweiler, pastori tedeschi, dalmata e jack russel.
Il negozio di prodotti Bio ormai va alla grande.
E tutto va,
come deve andare.
Per le vie del centro, poi, ogni volta, seduto, c'è il suonatore di xilofono. In realtà non è uno xilofono, ma una specie di strumento a corde che forse si è costruito da solo e che comunque si suona dall'alto, con entrambe le mani e non riesco mai a capire cosa stia afferrando. Si muove velocemente, scuotendo la testa come se fosse in un'altra dimensione, un posto lontano, in mezzo a chissà quante contraddizioni e pensieri strani. Me lo ricordo da sempre. E' anziano e forse schizofrenico. Una volta l'ho visto correre, in modo confuso, spaventato. Si guardava alle spalle, ma non c'erano che persone, distratte, di fretta, maschere innocue. Quella è stata l'unica volta in cui l'ho visto in piedi, camminare. E chissà se ha mai freddo a stare lì a suonare tutto il tempo.
C'era un uomo, un suonatore di strada
Pochi capelli, una giacca.
Il suo strumento l'aveva plasmato a immagine della sua anima.
Era completamente pazzo,
ma tra tutti i passanti,
il più vero, il più naturale.
2 commenti:
Cara Cristina, come ogni anno il periodo di carnevale ci lascia un sorriso, ovunque tu vada non puoi fare a meno di vedere modi e costumi che ti fa capire che siamo in pieno carnevale.
Ciao e buon fine settimana cara amica con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
La ringrazio caro Tom :) un abbraccio e un sorriso,
Cristina
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