divagazioni di Cristina Taliento
(Brooklyn back yard, Robert Lafond, oil on canvas, 2012)
Figure, libri, sguardi, luci che si sussegono veloci, luci dalla strada, lungo la strada, mentre tutto può essere e potenzialmente nulla può accadere. Musiche arabe dalle finestre e un ragazzo indiano mi chiede se voglio comprare un accendino. Sono confusa, sono miope; dico: "io non fumo". E mi accorgo del tenero suono che fa quest' io mormorato nella notte, tra le stelle di settembre, dove esistere è una cosa leggera e se vuoi fumi, se vuoi non fumi, se hai freddo metti il maglione, quello in cotone, color panna, oppure resta qui a sentire sulle braccia questo primo freddo ancora un po', prima che diventi un'abitudine. Le azioni stasera contano sui giornali, le decisioni politico-economiche vengono comunicate nella disattenzione di tutti in un televisore a muro, appeso in alto, in un angolo lontano di una piadineria suburbana. Gli avventori mangiano, il proprietario del locale chiama: "di chi è rucola, crudo e grana?". Qualcuno alza la mano, qualcuno, dall' altra parte del mondo, si chiede tra le bombe se potrà innamorarsi ancora. Segnaletiche luminose, una farmacia, una dinamo. Noi seguiamo le luci. Con le mani in tasca, sorridenti, borbottanti, disperati, seguiamo stregati le lanterne della notte, ovvero le nostre emozioni, totalmente concentrati su di esse. Ignoriamo l'Istat, il Pil, le percentuali d'incidenza delle malattie. Perché non sappiamo chi accidenti siamo, non sappiamo dove andremo, come facciamo a fingere che ci importi davvero qualcosa di Marte. Ci piace pensare alle cose piccole, certe, tipo il caffè, la fatica con cui accettiamo e comprendiamo e qualifichiamo la nostra esistenza, un amico, la famiglia. Siamo divi, ci piace mormorare "io", "io", "io" perché non c'è altro. Siamo solo noi in questo momento, con la nostra nuova passione per il decoupage, il nostro vecchio sogno di costruire una casa sull' albero... Noi innamorati, sfiduciati, noi magnifici, noi poveri stronzi che attendiamo sotto la pioggia, noi a cui non importa e invece si, noi che non abbiamo tempo e che poi lo troviamo sempre se c'è da correre, da sperare, da lottare. Parliamo di noi, ci piace lasciare un discreto segno nello sconfinato vuoto spaziale e temporale.
Una volta ero al parco, sottolineavo righe di scienza in una domenica pomeriggio col cielo annuvolato. Sulla mia panchina si sono sedute una signora anziana e la sua badante.
La signora anziana ha detto: "Eeh la vita, com'è dura, come si fa con la tristezza...".
La badante ha detto: "Per la fredezza interiore io uso la canela, siniora. Un cuchiaio de canella nel cafè".
Noi siamo fatti così. Un cucchiaio di cannella e a nessuno importa chi siamo, un cucchiaio di cannella e vorrei prenderti la mano, un cucchiaio di cannella e va bene ragazzo, dammi quest'accendino. "Io non fumo, sai, è che faccio braccialetti di cotone e brucio le estremità, così poi non si sfilano".
"Ok".
2 commenti:
ok :)
Buon inizio della settimana, cara Cristina, con un abbraccio e un sorriso:) che fa molto bene!
Tomaso
Posta un commento