di Cristina Taliento
(Neptune; image captured by Voyager II, 1989)
Tredichanni è un paese di ragazzini, granai di sentimenti, nuvole salmone verso le ore cinque. Sguardi bassi, biciclette legate ai pali con nastrini verde muschio, ombrelli lasciati sulle porte, case avvolte dall'edera. Tutt'intorno ci sono piccoli boschi di salici e betulle e orti dove si coltivano carote, sedano e melanzane per chi ama il viola. Come le drag queen sedute sugli autobus lunghissimi che portano a scuola. Se sale a bordo qualche forestiero, qualche adulto, loro se ne innamorano all'istante e parlano ad alta voce per farsi notare, ma poi guardano fuori dal finestrino e decidono di avvicinarsi alle porte d'uscita. In fondo alla via c'è un edificio con la bandiera dell'Unione Europea e un'altra di colore rosa chiaro con la faccia di Avril Lavigne, oppure i Green Day che cantano con Avril Lavigne. Loro vanno matti per quella musica, per le chitarre elettriche, Complicated, le canottiere bianche sopra pantaloni larghi a cavallo basso, le caramelle alla Coca Cola e poi le scarpe Made in Canada, Made in Wonderland. Qualcosa così, sempre al confine. Mangiano anche cibi strani, chimica imbustata in sacchi stravaganti e sorridono felici dietro i loro frullati inglesi. Amano la fantasia, gli altri non lo capiscono. Tredici anni e parole a vanvera sui treni, sensibilità ferite e ferite di spada un po' ovunque. Starebbero ore a guardare gli squali nuotare negli acquari. Volerebbero. Le loro identità sono riflessi di aquiloni nelle pozzanghere. Tredici anni e non ancora corse a perdifiato, non ancora azione o melodrammi, ma passi lenti, sospiri slegati e pulsazioni anonime. Hanno parole da dire, una sottile rabbia concentrata nella dita, però non dicono niente oppure parlano d'altro. Ma quasi mai del tempo. Talvolta gridano, stringono i pugni, mangiano senza rispondere alle domande dei loro grandi. Piangerebbero! Seppellirebbero tutte le loro bambole nel giardino e i gattini morti, i carillon dell'infanzia, le figurine Panini, le videocassette Disney. Le loro madri non vogliono che camminino strisciando i piedi, ma le loro spalle si curvano da sole come alcuni fiori che non riescono a sostenere la luce del sole. Perchè forse a vent'anni si ha un po' la mania, la voglia, di diventare girasoli sprezzanti, ma a tredici anni sono più nasi rossi che petali, sono mani screpolate e sopracciglia spettinate e sbadigli e saliva e tremori, amori, un paio di pattini, un gelato al pistacchio... A loro piacciono un sacco le maniche tirate giù fino alle nocche, fermate da un pollice un po' introverso. Sorriderebbero. Tredici anni e pugni sotto il mento, quanto può far paura una sigaretta oppure un abbraccio un po' stretto? Quanto può far morire un amore seduto all'ultimo banco, vestito di bianco, truccato di nero?
E imparare a trovare lo spazio in una stanza. Forse è più di una stanza, se piena di gente, piena di occhi e di idee e tredici anni sono pochissimi, quasi quindici, che cosa vuoi che siano... a tratti passano in fretta, a tratti non passano mai. Girare sette volte per l'isolato a parlare di cosa, poi? Di Luca che esce con Alice e del corso D dove tutti sono belli e intelligenti e non sapere niente nè della bellezza, nè dell'intelligenza o di quel gatto nero che ha appena attraversato la strada. Ohu, ma quello non è Medoro, il tuo gatto? No. Perdersi tra i pensieri e ritrovarsi tre ore dopo a guardare una partita di pallavolo al palazzetto dello sport e lasciare gli altri tifare. Studiare la miopia, la vergogna. Riflettere su Nettuno. Mamma mia, una volta... "Sei per me come l'ottavo pianeta del Sistema Solare. Io amo Nettuno". O cose come: "Non bevo caffè. Però, se vuoi, chiamami per gridare insieme YAWP sopra i tetti del mondo. Per sempre tua". Tredici anni e lampi di tenera genialità, eternità, ma più che altro imbarazzo e cinematografici, impegnati devo andare. Oppure improvvise esclamazioni come, per esempio: "L'infinito!". Ma tutt'al più un sacco di citazioni e contraddizioni. Citazioni del tipo: "Mi riservo la facoltà di contraddirmi". Whitman? Yep. Si, loro dicono yep invece di yes perchè è come avere sempre una chewing gum in bocca e hanno sguardi puliti e coraggio, spavento. Stringerebbero la mano di qualcuno. Camminerebbero lungo i muretti che disegnano il fiume. Disegnerebbero loro stessi in un fumetto. Suonerebbero Suzanne con lacrime imbrattate di mascara e voce tremante.
Poi la voce di qualche professore li riporta nei loro corpi: "Generazione di presuntuosi... diventerete tutti dei drogati, bastardi, tecno-fuck!"
Poi la voce di qualche professore li riporta nei loro corpi: "Generazione di presuntuosi... diventerete tutti dei drogati, bastardi, tecno-fuck!"