16/08/09

Pomeriggio

di Cristina Taliento

Questo pomeriggio non ho nè la voglia nè il coraggio per dormire un po'. Nell'ovatta del mio cervello perplesso e malinconico sgomita un ricordo non troppo lontano di un altro pomeriggio, più o meno come questo, passato a sbrogliare medaglie nell'ufficio della mia allenatrice, con il ventilatore del custode sparato al massimo dietro la nuca. Stessa tristezza, stesso sguardo basso, stesse domande "che hai?", "chi è morto?" e stesse risposte sussurrate a mezza bocca: " sto bene", "fai come se non esistessi". Prima o poi si ripete tutto. Comunque in quel non troppo lontano pomeriggio di luglio, quando quella farabutta pista di atletica stava per prendere fuoco con sopra tutti i suoi fanatici che andavano a correre alle 2, finì che vinsi gli 80m ostacoli. Mi stavo consumando dita e denti per un nodo tra il filo di un argento poco argento e quello di un terzo posto più plastica che bronzo, quando entrò la mia allenatrice e senza troppi giri di parole mi fece: "Taliento, lascia stare quelle medaglie e vai in pista a recuperare gli 80 ostacoli!". Per un breve momento percepii solo il fruscio delle pale del ventilatore così vicine alle mie orecchie, poi iniziai a comprendere che, voglia o no, dovevo saltare, che, voglia o no, dovevo spingere le mie gambe fuori dalla porta ed entrare nel rosso bollente della pista. Adesso non vi sto a raccontare come l'avversaria cadde, come l'avversaria recitò la parte dell'atleta incazzata e delusa, come io le strinsi la mano. No, non è questo il punto. La storia è che dopo mi sentii meglio e che quando tornai nella saletta riuscì a sbrogliare quel dannato filo. La stupida storia è questa e io me la sto raccontando per consolarmi che dopo tutto passa, che... No, non voglio che passi, la tristezza è una prova che c'è stato, se passa quella, passa tutto. Non voglio che passi.

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