06/04/12

La metamorfosi idiota (XI)

di Cristina Taliento


La penna batteva sul foglio come la pioggia d'aprile. E lei capì subito che il resto del capitolo non sarebbe stato all'altezza di quella prima frase. "Io preferisco la seconda" mormorò annoiato il fantasma che sedeva scomposto sulla poltrona vicina alla finestra. Un raggio di luce veniva intarsiato dai disegni della tenda e sullo schermo, privato dell'audio, John Lennon suonava la chitarra masticando noccioline. "Vorrei arrivare ad inchiodare con la penna l'essenza delle cose e veder sgorgare inchiostro nero tutte le volte che mi gira" disse l'adolescente alzando la testa dal foglio. Il fantasma finse uno sbadiglio rumoroso. "Questo di solito non accade con quel genere di penne a sfera", disse poi. Il fantasma allora si alzò in piedi e scomparve. Tre ore dopo tornò con uno scalpello, delle matite, un vaso di vernice e lei scriveva ancora.

"Che cosa sono quelle cose?" chiese. "Strumenti del mestiere!" rispose con un sorriso raggiante. "Non sono mica un falegname" borbottò. "No, in effetti non puoi dire di esserlo. Sei parecchi gradini in basso dall'essere qualcosa". L'adolescente si avvicinò a vedere quello che il fantasma stava ordinando sul tavolo.

"La tecnica sta nella manualità. Prendi questa matita. La vedi? Non ha paura di scrivere sul carparo, figurarsi sul tuo quaderno. Passami quello scalpello, quello laggiù". E impugnato lo scalpello iniziò a buttare colpi veloci e fermi sulla punta fino a quando non fu temperata.

"Stai sporcando tutto il pavimento di trucioli per una matita" disse l'adolescente alle sue spalle.

"Benissimo! Questo è proprio l'ambiente ideale: polvere e sporcizia. Nutrimento della fantasia!"

"Che schifo..." borbottò l'adolescente con le mani infilate nelle tasche della felpa.

"E ora prendiamo questi cartoni-il fantasma li gettò a terra- qui scriverò. Prendi la vernice." "Ce l'hai sotto il naso". Aprì il barattolo con un coltello che aveva in tasca. Utilizzo la mano da pennello e annerì il cartone con la sostanza nera. Poi prese la matita e iniziò a forare il cartone. "Guarda, devi lavorare di spalla. Il movimento parte dall'alto". Ciak, ciak, ciak.

"Mah!-esclamò l'adolescente scettica- Non capisco la ratio di questa cosa".

"La ratio!-ripetè ridendo il fantasma- Non mi distrarre, ah-ah-ah. Piuttosto adesso prendi potere sull'inchiostro. Annusalo, sniffalo fino a sentirlo fuso al cervello. Concentrazione cieca e spettrale. Questa matita, prendila, è il prolungamento delle tue dita. Tu non sei pronta, ma io si. Vai, scrivi, ti detto". "Dove devo scrivere?" chiese l'adolescente che manteneva la matita in bilico tra pollice e indice. "Sul cartone, dove c'è spazio. E, per Giove, impugnala bene quella matita!"


L'adolescente prese il cartone bagnato di vernice e lo appoggiò sul tavolo. Poi si preparò a scrivere quello che il fantasma, ritto con il collo alto, era pronto per dettare.

"Lettera maiuscola: vissi per il glicine. A capo, per il glicine soltanto. Ho vagato... nell'oltretomba seguendo sciami di farfalle e polveri. A capo, ho aspettato mille anni, virgola, prima di rivederti. Togli la virgola. Ehm, ehm, bagliori di rivoluzioni ombrano il mio cuore. No, bagliori di sommosse mi illuminano gli occhi e accusano-dicevo, accusano-il mio lungo indugiare..."

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