Tutte le volte che la Parola finiva, tutte le volte che essa bruciava piano come una scatola di latte sull'asfalto, andavo inutilmente da Genda, un vecchio affetto da una certa specie di mutismo sentimentale, a tratti psicologico, a suo parere neoplastico.
"Eh?"
"Sono muto perchè ho un tumore delle corde vocali" mi spiegava ogni volta con una mano sul collo. Ridevo. Ma non c'era niente da ridere. E finiva sempre così: ad ascoltare l'eco di quella risata per tutta la stanza finchè poi io non mi inventavo qualcosa di sciocco per farlo brontolare di nuovo.
"Un fulmine ha ucciso trecento renne in Islanda due settimane fa"
"Umh" faceva frugando in tasca tra i suoi spiccioli. Era sempre impegnato in qualcosa.
"Trecento" ripetevo guardandolo dritto negli occhi, studiando ogni sua reazione, battendo col piede il ritmo ticchettante dell'enormemente giallo plastico orologio da cucina che era appeso al muro.
Non avevamo niente da dirci. Entrambi faticavamo a pensare una renna vera che non fosse una di quelle renne col naso rosso e i calzini a strisce.
In realtà, lui era il mio Personaggio e lo stavo perdendo. Genda era stato per anni un ribelle, uno smascheratore di bugie, illusioni novecentesche, un povero cristo, non lo nego, ma pur sempre il miglior prodotto della mia mente. Egli era quanto di più lontanamente autobiografico potessi creare e per questo mi piaceva; poichè era un ex giocatore di calcio, ingrassato, ultrasessantenne che leggeva manuali di nuova filosofia sul divano. Mentre io... io studiavo e basta. Inoltre, in quanto ragazza e figlia del mio tempo, ero cresciuta tra tutte quelle convenzioni sociali che mi portavano ad escludere calcio, grasso e filosofia, nonchè il divano, soppiantato dalla modaiola arte del running in solitaria, a cui mi dedicavo ormai da tempo con una certa solerzia.
"Forza, fa' qualcosa. Balla, se credi. Pensati come un dannato musicista, autore di canzoni, un saltimbanco da sfracello. Meravigliami" lo mettevo alla prova.
"Ma che diavolo ne so, ragazzina. Mica puoi incolpare me delle tue mancanze immaginarie, dei tuoi vuoti d'inventiva" diceva accendendosi una sigaretta.
"Bravo, fuma! Fuma! Non sai fare altro. Non un gesto meno banale di questo! Trovami un Personaggio nella storia della letteratura di serie B che non fumi. Trovamene uno!"
"Disse mentre si accendeva una sigaretta" esclamò con tono solenne, imitando la mia narrazione, o meglio, prendendosi gioco del mio essere Narratore.
"Lascia stare- dicevo per farlo spaventare- è ovvio che tu, Genda, non aspetti che un gran finale".
"Un gran finale?"
"Ma si, un'uscita di scena prima che la tua svogliatezza faccia sbiadire le vecchie glorie. Un'uscita indolore, per carità, ma mai e poi mai una vigliaccata come farti partire per sempre per un lungo viaggio".
Quando udiva questa solfa, Genda si animava di un'energica ironia a cui non ero abituata. Con un largo gesto e tono teatrale, recitava cercando di riprodurre il mio accento: "E se ne andò nel buio della notte, con la sua andatura falciante emiparetica, scomparendo tra i fumi della stazione verso il più perenne oblio".
"Sii serio per una volta, vecchio! Un finale così non lo scriverei mai!"
"Cosa posso dirti?" chiedeva allora con la bocca aperta sospirante.
"Niente! Non dirmi niente!"
"Posso dirti forse che ti sei stancata di me? Posso dirti che un freddo bisturi ha tagliato i fili che collegavano la tua fantasia con le mie braccia?"
"Cosa c'entra il bisturi!" esclamavo tutte le sante volte finalmente arrabbiata, per il suo divertimento.
Ma lui se la rideva in un angolo, mentre io continuavo a mormorare "cosa c'entra il bisturi", "cosa accidente c'entra il bisturi".
Non avevamo più niente da dirci. Tra noi c'era solo l'affetto che lo collegava alle sere della mia adolescenza quando calarmi nei panni di un vecchio matto era quanto di più rivoluzionario potessi fare. Chi lo sa perchè ora la sua voce si fosse spenta. Chissà come mai quel tumore alle corde vocali che non lo faceva più parlare.
"Forse sei solo cresciuta un po'" mi disse una volta, durante uno di quei litigi in cui non riuscivamo a comunicare. Lo disse con lealtà, senza quel disprezzo verso la vita adulta che io stessa per anni gli avevo inculcato.
"Forse sei solo un po' cambiata" disse, guardandomi con austeri occhi di falco.
"Talvolta accade" risposi da vera stronza adulta occidentale stacanovista priva di immaginazione.
"Già" disse il mio bel Personaggio a cui avevo insegnato a incassare una delusione con onore.
"Mi mancherai Genda" dissi poi.
"Metti un po' di me nel prossimo personaggio del cacchio che ti capiterà di torturare".
E se ne andò nel buio della notte, con la sua andatura falciante emiparetica, scomparendo tra i fumi della stazione verso il più perenne oblio.
7 commenti:
Cara Cristina, ti auguro una felice e serena giornata.
Tomaso
Wow.
Posso dire solo questo.
A dir la verità, leggevo cose random in questi giorni, ero alla ricerca di qualcosa che si avvicinasse a me. O meglio, a questo mio continuo creare e distruggere personaggi (che si assomigliano un po' tutti perché il personaggio che ho nella mia mente non ha ancora preso forma). E' brutto da dire, ma per adesso - per quanto soddisfacenti - sono ''bozze'', le persone che ho creato.
Non mi aspettavo di leggere questo ''racconto'', sono molto colpita. Colpita e affondata, insomma, proprio quello di cui avevo bisogno.
Un saluto! :)
Il vecchio camminava stancamente lungo una polverosa strada di campagna, preoccupato per l'imminente temporale che il frastuono dei tuoni e i nuvoloni neri presagivano. Ma uno dei tuoni sembrava essere più sordo e prolungato, come se si stesse avvicinando al galoppo. Prima di rendersene conto, un branco di trecento renne gli sfrecciò accanto e una nuvola di polvere lo inghiottì dalla testa ai piedi e gli riempì i polmoni. Quando le renne arrivarono all'orizzonte, inseguite dai fulmini, la nube di polvere si dissipò, ma del vecchio non c'era più traccia.
@tom: ciao tom, buon pomeriggio anche a lei o di quel che resta del giorno :D
@giovanna: grazie davvero e benvenuta, sono davvero contenta che tu abbia trovato qualcosa in questo blog che assomiglia a un vecchio negozio di scarpe pieno di scatoli fin sopra il soffitto e libri gettati a terra e poster di scrittori defunti e fonendoscopi impolverati!!
@Nick: scrivi bene!
*scatole! (Pardon! Non ricrederti! Ahaha)
cavoli che prezzo comporta diventare adulti: ci si perdono i muti di genda per strada
e non solo
Non se vuoi fare l'otorinolaringoiatra, cara Doc!
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