Metti che io un giorno dovessi fermarmi per strada, così all'improvviso, e chiedermi un calmo devastante "e se invece", mentre le biciclette mi passano a fianco e i Queen mi continuano a cantare sul collo, negli auricolari caduti dalle orecchie della mia vita, tra i cappucci di felpe e i colletti di tutte le camicie celesti che ho messo.
Metti che tu un giorno di giugno, in cucina, ti dovessi accorgere che vuoi solo vincere. Vincere per vincere, prendere tutto, mangiare il dolce, soffiare forte, senza rancore, per il solo gusto di sbancare. E poi andartene, restando ancora lì, qui, dovunque, dappertutto, in nessun luogo, mentre le sigarette se le fuma il vento perché tu non hai tempo, non hai più tempo. Metti che un giorno, allo scattare del semaforo verde, tu decidessi di non attraversare per poi camminare come se nulla fosse successo in un' altra direzione nascondendo tra le tue spalle strette, in una gabbia toracica compressa, due etti e mezzo di cuore dannatamente pulsante, sporco marcio d'adrenalina. E finalmente respirare. Un respiro misurato, dentro e fuori, dentro e fuori. Chi te lo vieta? Me l'hai chiesto Lunedì. Quanto le ami le cose che fai? Sei sicura che ti piace davvero la birra? Ascolta un attimo. Lo sai bene quello che vuoi? Si si, okay, ti ascolto, ma tu, tu, metti che un giorno io dovessi decidere di lasciare andare i gabbiani nel cielo oppure mettere su Coltrane in questo lettore mp3 dove non si sente niente, ma fregarmene, cantare nel traffico parole inventate sul suono di questo blues, metti che un giorno tutte le nostre paure di essere i migliori dovessero abbandonarci, lasciandoci al freddo, nella prateria. Soli, con il mondo mormorante davanti i nostri corpi. E metti che io volessi all'improvviso sentire i mormorii del mondo, senza la paura che si siano accorti di me. Metti che io, a quel punto, dicessi un fermo "no, continua, voglio sapere" pur temendo di ritrovarmi con le mie sensibilità curiosamente ferite. Guardare dritto negli occhi, rispondere senza esitare, baciare il lupo, volare nel fosso, centrare sempre il punto, bere caffè, non richiamare, sapere di essere, lavorare la creta. Sarei sempre io? Sticazzi? Si, penso anch'io. Ma tant'è.
5 commenti:
Cara Cristina, i tuoi racconti un po stani mi piacciono e sicuramente fanno sognare.
Tomaso
Ahahah grazie :-) :-)
:-).
I Queen hanno tutta la mia approvazione! :D
Ci credo molto anche io, in quei "e se invece", in mezzo alla strada col mondo pulsante davanti, ecco perché continuo a stare molto attenta a non pensarci, a non inciamparci mai. Continuare a camminare, solamente. :)
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