29/08/13

Le cause e il contesto

di Cristina Taliento


(L'Annunciazione, Leonardo da Vinci, oil on wood, 1472, Galleria degli Uffizi, Firenze)

"Il contesto! Le cause stanno nel contesto. Il nostro agire, amare, sognare non è frutto di un solo grande atto, amore, sogno, ma del tempo, del contrasto luce-ombra, del ragazzino cinese che ci fissava mentre prendevamo, affrettati e sconvolti, quella decisione. L'intorno, l'ambiente! Credete davvero che L'Annunciazione di Leonardo sarebbe altrettanto bella se fosse appesa tutta storta in un incasinato spogliatoio di liceali ubriachi in Florida?".
Il professore Antonio Genda squadrava gli allievi, pur non riuscendo a distinguerli affatto. In piedi, sul palco, smascherava le illusioni dei maghi e della società.
"Si- rispose una voce, dopo un attimo di silenzio- è bella lo stesso".
"Così mi sta dicendo, chiunque lei sia, che le cause non sono nel contesto?" chiese nel buio Genda, con i fari puntati sugli occhi.
"Si, è esatto"
"E dove si trovano, di grazia, le cause?"
"Nella Bellezza che scatena le emozioni e, quindi, l'agire umano". Gli altri allievi, nel buio, mossero un muscolo. Chi il buccinatore, chi l'orbicolare dell'occhio. Genda si avvicinò al banco del tè. Se ne versò una tazza tenendo la testa piegata fissa di lato. Pensava, prendeva tempo.
"E il contesto?" domandò prima di dare un sorso.
"Non conta davvero. Il ragazzino cinese è solo una macchia di colore al centro del quadro, la luce che ricordiamo è quella che vuole vedere la mente. La nostra volontà o le cause, come dice lei, non rispondono al contesto. Esso influisce soltanto quando non vogliamo, quando non desideriamo. Pensiamo di seguire mille sentieri contemporaneamente e, in realtà, ne inseguiamo solo uno, lo puntiamo con impaziente calma e non cediamo finchè non saremo arrivati alla fine".
"Non le pare, questa, una visione semplicistica della realtà, una visione miope o,di più, una cataratta?"
"No" negò la voce.
"E quindi?"
"E quindi, niente, è così. Siamo belve apparentemente distratte dal contesto, con le zampe trattenute dai rovi, gli occhi arrossati dalla polvere, ma corriamo con tutte le nostre intenzioni verso la Bellezza e poi la chiamiamo felicità, realizzazione dell'Io, viaggio, piacere. Ma è Bellezza e noi ne siamo ossessionati"
Genda incrociò le braccia, anche se, come lui stesso diceva, non bisognava mai incrociare le braccia quando si stava sul palco.
"Mmm- nascose la bocca sotto il baffo- e che mi dice dei liceali ubriachi dello spogliatoio con L'Annunciazione di Leonardo?"
"Si sarebbero sentiti..."
"Inadeguati?"
"No"
"Confusi? Avanti, come si sarebbero sentiti?" esortò Genda piegandosi in avanti, davanti al buio in cui erano immersi gli allievi.
"Si sarebbero sentiti bene". E la voce sorrise.


22/08/13

I muri

di Cristina Taliento

A volte penso che la mia scrittura abbia muri alti sei metri e io, invece di sfidarli, mi metto a giocare nell'ombra che fanno. I miei personaggi sono codardi e si nascondono, amano e dicono di non amare, vogliono essere tutto l'infinito afferrabile, ma poi finisce che se ne vanno sempre e io li vedo allontanarsi di spalle. Che cosa ci sia dietro quelle spalle, non lo so e una cosa che non posso immaginare, è una cosa che sto guardando controluce, come se non potessi vederla mai nitida o, nel mio caso, descrivibile.
Le storie sono, per me, allergie di primavera. Mi arrossano gli occhi, mi corteggiano il naso con uno starnuto che non viene, un pianto che rimane lì attaccato. Mancanza di talento, Taliento. In questi casi c'è poco da fare. 
Forse dovrei davvero andare in una tabaccheria. Comprarmi un pacchetto di sigarette. Fumarmele una ad una come gli scrittori di New York. Dimenticare gli effetti della nicotina. Forse dovrei smetterla di rompermi le palle da sola. 
Il mio stile di scrittura è quello di una ragazza seduta sui gradini della casa di sua nonna mentre guarda gli altri passare. Dovrei fischiarli da dietro quei passanti, gridare a pieni polmoni "ehi tu senza la maglietta!". 
Ah-ah-ah, ehi tu, si tu, senza la maglietta, dico a te! 
Ma lo stile, qualcuno ha detto, è la verità che uno si porta dietro. Nella mia verità, nessuno gira a torso nudo. Io, forse, scrivo come se non volessi togliere la maglietta a nessuno. E cullare le coscienze con quello che tutti già sanno.

20/08/13

Una storia tanto per


di Cristina Taliento 


Questa è una storia tanto per. Tanto per scrivere. Come gli scemi che non sanno che dire e parlano. Come me che non ho una storia e narro. Questa è una storia e tanto basta, che sia per o, soltanto, così. 
Parla di una ragazza molto corteggiata, molto intelligente, molto di tutto, una fuoriclasse nel suo genere. Lei, un giorno, fa lo zaino e parte e la cosa bella è che non va a girarsi l'Europa come fanno gli altri perchè lei è anche molto creativa. Se ne va in un' isola, per dirla tutta. Già.
Se questa non fosse una storia tanto per, forse la ragazza avrebbe un nome, ma con questo genere di storie, si sa, le parole non stanno mai ferme come si deve al foglio, ma volano e certe volte si staccano, seguono le correnti d'aria generate dal ventilatore. I nomi, poi... pfff, i nomi non vale nemmeno dirli per quanto valgono poco. E quindi... e quindi niente, questa ragazza parte, prende un aereo, il primo che trova, atterra in un posto, un posto che non ha nome, poi da lì prende un autobus e va a finire in un altro posto dello stesso tipo e alla fine sale su un traghetto che dopo, diciamo, tre ore, approda in un' isola. La ragazza si guarda intorno, si mette la mani sui fianchi e dice "eccoci qua", come i vecchi che dicono "eccoci qua" piegando la testa di lato. E il traghettatore dice "oè, ragazzina! Ma non lo vedi che non c'è nessuno su quest'isola?". E la ragazza, giustamente, risponde: "E voi allora perchè non cancellate il viaggio di trasporto passeggeri?". E il traghettatore, se questa non fosse una storia tanto per, di sicuro, avrebbe risposto qualcosa di molto sensato, ma invece se ne esce dicendo: "Mah, così!". Allora, la ragazza schiocca la lingua e si siede su uno scoglio. E sta lì. Finchè non arriva un temporale e lei capisce che deve mettersi al riparo se non vuole bagnarsi i capelli. Ma poi dice dentro di sè: "E che male c'è?". Quindi, piove, piove, piove, il mare si agita, ma lei sta lì, sullo scoglio. Poi arriva un granchio e la ragazza gli sorride perchè lei, tra l'altro, flirta un sacco con tutti, grandi e piccoli, biondi e bruni, aventi endoscheletro, aventi esoscheletro. Si, la ragazza flirta un sacco. 
Nello specifico, al granchio dice: "Ehi tu". 
E il granchio dice: "Aha, quindi è così..."
La ragazza, senza smettere di flirtare, si mette i capelli dietro l'orecchio e dice: "Così come, granchio?
E il granchio, tutto scocciato, fa: "Ovvio, no? Quindi questa è una di quelle storie dove parlano gli animali..."
In realtà, il granchio non lo sa, questa è una storia tanto per, dove i personaggi non vogliono comunicare nessuna emozione, anche se pure il silenzio è comunicativo. Bisogna ricordarselo. 
"Può darsi" sospira la ragazza guardando il mare e come se non bastasse, aggiunge altro indeterminato mistero aggiungendo un enigmatico, doppio esclamato "chi lo sa!!".
A un certo punto, in lontananza arriva di nuovo il traghettatore e la ragazza si chiede se non sia cosa buona andarsene e lasciare il granchio marcire nella sua inospitalità. 
"Senti, granchio!- fa la ragazza alzandosi in piedi- Devo dire che è stato un piacere, ma ora me ne vado!"
"Dove?- chiede il granchio con la classica espressione da schiaffi- A Quel Paese?". Poi si mette a ridacchiare con le chele che si massaggiano gli addominali. 
Se questa qui non fosse stata una storia tanto per, la ragazza si sarebbe fatta valere con un'arguta risposta. 
"A dire il vero...- prova, invece, a controbattere con i pollici intorno alle fasce dello zaino- A dire il vero, la tua battuta non mi fa ridere poiché io... poiché io la strada per il Paese non conosco affatto".
"Ohooo! Ma posso insegnartela io, mia cara!" propone il granchio con fare da gentiluomo. 
"Grazie!- esclama la ragazza con vera riconoscenza- Ve ne sarei davvero molto grata, non ho cartine con me e qualche indicazione mi farebbe molto comodo, grazie granchio! Prenderò appunti!". E si toglie lo zaino dalle spalle, lo apre, prende il taccuino, sfila la penna dall'occhiello e si mette in posizione per scrivere. 
"Oh, guarda! Lì infondo!" dice il granchio indicando con una chela l'Est. 
La ragazza si gira, si mette una mano sopra gli occhi per farsi ombra dai raggi, annuisce sorridendo e si chiede se non sarà troppo impervio il cammino. Si gira verso il granchio per domandare ad alta voce ciò che ha pensato, ma il granchio è sparito. Del granchio, senza ogni dubbio, non c'è traccia. 
"Che scemo di merda" pensa la ragazza capendo lo scherzo. 
Certo, se questa non fosse stata una storia tanto per, lo scherzo avrebbe fatto, senz'altro, ridere.  
Ma, ahimè, è proprio una di quelle storie. 

18/08/13

Indice dei racconti

  
 
Premessa. Non tutti i racconti che sono stati pubblicati su Il Ballo dei Flamenchi sono presenti in questo elenco. Qualcuno l'ho regalato e mi è sembrato giusto cancellarlo perché un regalo è solo di chi lo riceve. Alcuni di questi racconti sono stati scritti quando avevo quindici anni (2009). Altri sono più recenti e scritti meglio, ma questo non vuole dire che siano migliori. In sincerità, non so se vi possa piacere leggerli, ma io credo che continuerò a scriverli. 


16/08/13

I labirinti evanescenti della personalità di X7

di Cristina Taliento

(Tomas Sanchez, oil on canvas, contemporary painters)

Quella volta andai a trovare X7 in ospedale, dopo aver sbagliato due volte l'autobus e aver salvato un esame. Per anni, fin dalla prima elementare, avevo avuto in cura la sua personalità, prescrivendo risate dopo i pasti e attività sportiva su taccuini rosa di Hello Kitty, ma quella volta la psiche non c'entrava molto. Era ricoverato in Cardiologia e stava morendo.
"Questi cazzo di medici!" borbottò non appena mi vide. Era seduto sul letto con la schiena appoggiata sui cuscini.
"Cosa c'è che non va?"
"Tutto! Sono dei gran maleducati, ma io... Oh io, quant'è vero Iddio, mi regolerò di conseguenza!"
Per quel che ne sapevo, la vita di X27, in generale, era quella di un uomo che si era regolato si conseguenza, modificando abitudini e negando gentilezze in virtù di singole lezioni imparate, ben recepite.  Sia che andasse contro i pareri degli altri, mosso dall'orgoglio o dalla vendetta, sia che, invece, agisse per soddisfare i gusti della gente, la sua vita dipendeva dall'intorno e mai da una spontanea, insensata, decisione presa per seguire, che so, il cuore. Così la sua personalità era come quei sentieri nella sabbia che cambiano continuamente, di ora in ora, a seconda delle raffiche del vento e un attimo prima portano a sud e un attimo dopo si rivoltano, tornano indietro, dimenticando tutto, restringendosi, ritraendo i margini, vergognandosi un po'.
"Lo sai quello che dico sempre? Quello che non ti uccide... ti stronzifica. Non sto dicendo bene?"
E X7 lo sapeva di star dicendo bene perchè ne aveva fatto il suo credo, aveva fatto della sopravvivenza la peggiore landa di sentimenti raccattati e avanzi di spontaneità. La mia conferma, in quella sala di ospedale, contava quanto una frazione di secondo in un mare di mesi e di anni. Niente.
"Si, è così".
Nascosi la pena che provavo per lui guardando fuori dalla finestra le altre migliaia di finestre che crescevano in altezza e larghezza e che nascondevano, a loro volta, altre facce e storie ed emozioni, interpretazioni di emozioni, per lo più sbagliate. Noi non eravamo nessuno in quel reparto al terzo piano e non lo eravamo nelle strade, in riva al mare. Le nostre entità si perdevano di fronte alla sconfinata e fragile vastità del mondo e della mente. Qualcuno pensava qualcosa, la diceva, la scriveva, ma non restava davvero. Se ne volava sulla spiaggia come un petalo di papavero. Io mi sono comportata così perchè. Io ho reagito così perchè. Lui mi ha fatto questo perchè. Vola... Ci siamo lasciati perchè. Fluuu vola nell'acqua, si perde tra le onde. Oscilla, brilla, vola, sale, sale, scende, sfiora l'acqua, affonda e nessuno lo vede, nessuno. E resta comunque silenzio, senza che ci sia stata la gioia. Rimane uno scacchista che fronteggia l'avversario copiando le sue mosse, regolandosi di conseguenza. E se quello muove l'alfiere bianco, quell'altro posiziona il nero secondo uno schema speculare di ridicola precisione. Ma se, un giorno, tu dovessi arrivare alla conclusione che tutto è menzogna e fraintendimento, allora capirai che il tuo agire non era che l'ombra sfocata di un inganno durato una vita. Teneramente, la tua.
Per questo, alla fine, dissi: "Mi piacciono quelle persone che, se non restano uccise, non barattano il proprio essere con la speranza di sopravvivere qualche anno di più. Mi piacciono se poi continuano a sorridere e riescono a perdonare perchè stanno al di sopra di tutto, mi piacciono un casino quando non tradiscono la propria anima per le esperienze che hanno avuto".
X7 storse la bocca in una smorfia. "Smettila di considerarti una tra gli ultimi fottuti eroi metropolitani". Proprio così: senza macchia e senza paura, forti e calmi, puri di cuore, onesti fino alla morte, homo sum, umiltà, riconoscenza, timore di Dio, rispetto per i padri. 
"Puttanate- concluse sputando il muco nel fazzoletto- tra vent'anni avrai cambiato idea".
Rimasi in piedi vicino alla porta con il giubbotto appeso al braccio. Poi mi andai a sedere su una sedia a fianco al letto, gli raccontai una barzelletta, ridemmo, dopo mi allontanai un attimo con la mente, mi misi a ricordare, lui disse qualcosa, io sorrisi, poi piansi, mi alzai di nuovo, camminai fino alla finestra, tornai a sedermi, parlammo ancora, sospirammo, incrociammo le braccia, ridemmo di nuovo, presi una delle rose sul comodino, me la regalò, grazie, di niente, ora vado, va bene, okay, va bene, allora ciao, va bene, ciao, salutami la mamma, okay, ciao. Ciao.

12/08/13

Biciclette

di Cristina Taliento

(Bicycles, Taliah Lempert, oil on canvas, contemporary painters) 

I falchi volano alti e lì in fondo ci sono gli Appennini. Ma prima di tutto, dimmelo mille volte, ci sono io, solo io e io e io, sempre se non decide di venire con me anche il cielo e allora in quel caso saremmo in due. Oh posso venire anch'io? chiedono le mie amiche. Oh Romeo, faccio io recitando, non saremo in troppe? Lo sapete che c'è anche la mia bicicletta? Energia pura del sentimento che pedala e grida forte "fate largoooo" senza smettere di ridere oppure usare i freni. Pedalare mentre sfumano le strade e le vie del centro e al loro posto si aprono sentieri dove code di glicine in fiore cadono dall'alto e tutt'intorno i poeti lasciano le divine Muse per incontare le cameriere che smontano dal turno delle otto. E Frank Focaccia cucina per loro la specialità della casa, mentre la nebbia allarga le distanze e mostra il lato riflessivo dei palazzi.  Pedalare sulle onde del mare, sorpassarle e tirare dritto dal verso opposto a quello della spiaggia fino a che non c'è solo cielo verde chiaro sopra il manubrio e stelle e luna quando viene sera. Bambine liberano dal finestrino della casa sull'albero palloncini colorati pieni d'elio. Li vediamo noi, mentre sfrecciamo lungo il fiume guardando dietro a tratti per vedere se siamo ancora tutte. Ma che razza di pensieri, è logico che ci siamo! Niente è così logico, mie care! E gli orologi testimoniano i nostri imperituri diciannove anni. Quasi venti! Piantala, sono diciannove! Venti! Diciannove! Venti, cretina! Ho detto: diciannoooove! Mentre gli automobilisti abbassano i finestrini per vedere chi grida e vedono solo ombre in velocità seguite da lunghi capelli e infinite aspettative comuni, ad eccezione di Laura che ha smesso di illudersi a quindici anni dopo aver letto dell'effetto che avevano scatenato i sogni su Leopardi. Giacomo. Ma che vuol dire, dai. Vuol dire che meno sogno, meno piangerò al risveglio. L'importante,  comunque, è volere adesso. Infatti, io voglio tantissimo.
Pedalare e pedalare e intanto il vento spazza via le virgole dal foglio per sommergerlo di foglie. Tra un mese sarà quasi autunno. Sarà quasi casa e quasi amore. La la lalaaaaa. La la lalaaaaaa. La la la la, la la la laaaaaaa.

08/08/13

Disse laggiù c'è un temporale

 
di Cristina Taliento





(Tramonto sul mare, Giovanni Fattori, 1890, olio su tela)

Disse le cime sono destinate a rimanere sole. Tu sei una cima.
Dissi non è vero. Per un fico secco e strasecco.
Disse eh...
Dissi non sospirare, vecchio. Io ti rispetto, ma non sospirare.
Disse laggiù c'è un temporale.
Dissi ma come, c'è il sole.
Disse sei giovane.
Dissi poi mi spieghi che c'entra.
Disse c'entra, c'entra.
Dissi so osservare, se è questo che vuoi dire.
Disse non credo.
Dissi allora, non sono nè cima nè sola. Buon per me.
Disse prendi la vita come viene e non temere.
Dissi let it go.
Disse come prego.
Dissi lasciala andare, più o meno.
Disse no.
Dissi in che senso.
Disse tieni stretta ogni cosa.
Dissi non so se ne sono capace.
Disse sei brava.
Dissi non è vero.
Disse laggiù c'è un temporale.


01/08/13

Una ragazza selvatica torna sempre

Dialoghi rubati al vento poichè ascoltati e messi per iscritto.

di Cristina Taliento


     (Truls Espedal, oil on canvas, contemporary painters)

 
Quando è tornata l'ex del vicino, l'ho vista arrivare- minigonna nera, capelli biondi- da dietro l'oleandro che divide le due verande. Avevo appena finito il capitolo sugli idrocarburi e stavo per iniziare a studiare il mitico benzene e tutti quanti se n'erano andati in spiaggia a guardare le stelle mentre, per me, del mare nemmeno il suono, nemmeno l'odore e su tutta la strada gli unici a essere rimasti lì, nel caldo spietato d'agosto, eravamo io, il Vicino che leggeva libri tutto il giorno- a giudicare dal volume, Dostoevskij- e quella nuova, forse vecchia, arrivata. Per il resto, deserto. Erba illuminata dalla luce arancione dei lampioni, un po' di grilli nei cespugli, la sigla di un notiziario a chilometri di distanza.

"Ehi" ha detto la Vecchia Ragazza del Vicino con la voce di pianto.
Il Vicino ha alzato la testa dal suo libro e in un attimo si è tolto la sigaretta di bocca, l'ha spenta premendola più volte nel posacenere in bilico sul ginocchio, ha tossito- bronchite cronica- ha piegato la testa come in un tic nervoso. Io ho ripreso a sottolineare con la matita, ma poi:
"C'è una parabola..." ha iniziato a dire la Ragazza.
"Crist'Iddio!- ha sbottato lui con un tono divertito e disperato, mentre si alzava dalla sedia a dondolo facendo leva sulle braccia - Hai idea...? Che cazz...? Lo sai per quanto tempo...?"
"Senza scherzi. Una parabola. Del Vangelo." ha insistito alzando le spalle.
Il Vicino si è seduto di nuovo.
"C'è un padre che chiede a un figlio se fa una certa cosa e il figlio dice, oh si papà, puoi mettere la mano sul fuoco che la faccio, ti puoi scommettere tutte le tue galline e le vigne e i vitelli, dovesse essere l'ultima cosa che farò, ma sono solo parole, il padre lo sa... alla fine, il ragazzo, non combina un cazzo- scusa- non combina niente, si dimentica, non mantiene la promessa. E poi c'è quest'altro figlio che dice sempre no e no e no e suo padre, che poi è Dio nel Vangelo, anche se questo, ai fini del mio... non importa - e suo padre un po' è stanco di questi no, però sa - anche questo sa- che su di lui può contare, che, il ragazzo, torna sui suoi passi ed è capace di mandare la sua vita all'aria pur di fare la cosa giusta..."
"Senti- ha detto il Vicino alzandosi di nuovo- senti, mi dispiace, non ho seguito il discorso, se vuoi ripetimelo, altrimenti fai che vuoi... Non so, andartene, entrare, spezzarmi il cuore di nuovo, quello che ti pare...". Sapevo già di questa vena melodrammatica del Vicino.
"Ti ho detto un sacco di no e poi alla fine ho fatto il contrario. Sono tornata, cavolo" ha esclamato l'Ex del Vicino asciugandosi le lacrime.
Il Vicino ha sfilato una sigaretta dal pacchetto e si è messo a cercare l'accendino. "Mi hai lasciato in nome di una stupida libertà che io non ho mai capito- ha detto sforzandosi di non urlare.- Io amavo la tua libertà però tu non l'hai voluta condividere con me e ora non provare a... Non ci provare proprio!"
"Non siamo tutti baci e amore al primo colpo e sei un gran egoista se lo pensi, ma tu non sei egoista, no, ma lo sai che non siamo tutti baci e amore al primo colpo e io all'inizio ti odiavo! Odiavo tutto di te, bastardo! Non mi convincevi per niente con le tue arie da egittologo bambino dei miei stivali. E anche quando siamo stati insieme, io non lo sapevo che ti amavo così. Ha perso tutto di senso. Il vino è diventato aceto, porca putt... Le rondini sono diventati uccellacci tristi se non c'eri tu! E io, che cazzo, quando mai mi sono fermata a piangere? Quando mai, dimmelo! E non mi fare l'aria da vittima chè qui la vittima sono io!"
Il Vicino si è seduto di nuovo e questa volta ha messo i piedi sulla sedia a dondolo stendendo la testa sullo schienale. "Tu invece mi hai sempre messo paura. Avvicinarti è stato come avvicinare un lupo".
L'Ex Ragazza del Vicino ha fatto qualche passo avanti verso il Vicino, sedendosi sul gradino più basso con il casco ancora in mano. Riuscivo a vedere la sua moto dietro il cancelletto nero.  
"Rifiutare l'amore era il no più giusto e grande con cui mi fossi potuta difendere e cedere adesso è come dirti di si per sempre".
Mi sono scritta questa frase a lato del paragrafo dei fullereni e quando ho alzato la testa per vedere la reazione del Vicino, lui non era più seduto sulla sedia a dondolo. Doveva essersi seduto sul gradino accanto all'Ex Ragazza. Per un po' non ho sentito niente, ho abbassato lo sguardo sul mitico benzene che dopo quella conversazione non mi sembrava più tanto mitico a confronto. Mi è venuta voglia di alzarmi e uscire. Magari camminare fino alla spiaggia, vedere i miei amici, buttare qualche frase per farli ridere.

"Eri una ragazza selvatica, ma sei tornata"
"Questi stupidi lupi solitari finisce che sono i più fedeli di tutti".