27/12/10

Il muto

di Cristina Taliento



Iniziai a vedere il muto quando anch’io smisi di parlare. Forse c’era anche prima, però non me ne accorgevo. Lo vedevo soprattutto quando mia madre si lamentava dei miei silenzi o quando i miei amici si stancavano di non ricevere risposte. “Non sei più la stessa di qualche mese fa” mi dicevano ed io alzavo le spalle e me ne tornavo a casa, deviando per il sentiero dei cuccioli di cane, dove c’era un bambino che pensava di essere Superman. Non aveva nemmeno genitori, quel bambino, e voleva che io gli dicessi qualcosa come per esempio “che bel mantello” o “posso insegnarti a volare”, ma, siccome non volevo parlare, imparò a fidarsi di me quando vide che davo da mangiare ai suoi cani.
“Ehi, ehi, ma dove sei stata, me lo dici?” mi gridava mia madre quando mi sedevo a tavola.
“Eh -inventavo io- in Chiesa...” E intanto ridevo dentro per quelle risposte.
Il giorno dopo il digiuno di parole ecco che vedevo il muto alla fermata dell’autobus e se, invece, ritrovavo quella voglia di raccontare storie alla gente, non c’era verso di scorgerlo per giorni di fila.
La sua faccia mi sembrava di averla già vista su qualche periodico o in qualche sogno, non ricordavo. Quello che mi dava fastidio però era non poterlo vedere tutti i giorni, così smisi di parlare definitivamente e presi a marinare la scuola perché le interrogazioni comportavano uno spreco di parole inutile, uno spreco che io non potevo permettermi. Allora, lo vedi spuntare ovunque e non sapevo dire se fossi io a pedinare lui o viceversa. “ Che strano nascere senza una voce” pensavo. Alla fine, mi sedetti accanto a lui, nel parco. Si girò e mi salutò con un sorriso usato e strausato. Tirai fuori dallo zaino una lavagnetta e scrissi “Mi faccia il piacere di congratularmi con lei”. Il muto lesse per un secondo e poi mi strinse la mano, annuendo. Io continuai a scrivere:
“Deve essere proprio bello non avere una voce, lei è fortunatissimo -vidi che aveva letto, cancellai e scrissi di nuovo- Chissà che bello non stancarsi mai della propria voce e di tutti quei bla bla bla maledetti…”.
Scrissi proprio “bla bla bla maledetti”. Allora, il muto mi strappò di mano la lavagnetta e scrisse:
“Perché ti prendi gioco del mio handicap?”. Lessi quella domanda a mi alzai immediatamente dalla panchina e agitai furiosamente il dito indice a due passi dal suo naso come per dire “no, no”.
“Ma lei non ha capito-scrissi- io dico che lei avrà sviluppato una mente diversa da quella dei parlanti perché è stato svincolato per decenni dal dovere della risposta!”. Il muto lesse con attenzione per qualche minuto e aspettai che capisse la mia frase. Poi cancellai e scrissi sopra: “Tutte le volte che lei voleva informazioni si è ingegnato per trovare una risposta da solo, non è vero? Non dipendere dalla parola altrui è geniale”.
Ero in sollucchero. Il muto, annuì, ma poi scrisse: “A volte la voce sonora ti distrae da quella interiore. Tu puoi distrarti, io devo marcire nella mia coscienza”.
Aveva ragione. Continuò:
“Tu stai scappando dalla tua voce interiore”.
Aggrottai le sopracciglia e mi puntai un dito contro per dire “io?”. Lui agitò il capo. Poi si mise le mani in tasca e mi offrì una caramella. Feci segno di no. Poi scrisse, mentre il gessetto faceva strik strik:
“Trova la tua voce interiore e domala”.
E io: “E se io non volessi domarla? Se io avessi deciso di dire tutto o niente?”
“Sei proprio matta, santa ragazza”
“Io non voglio più parlare, punto”
Mi fece una smorfia che mi fece esplodere in una risata. Gli uccelli volarono dagli alberi.
“Capisci che i pensieri sono diversi dalle parole. Ed ora goditi la tua voce e lascia stare me, povero muto“
Io mi alzai e feci per farmi restituire la lavagnetta, ma lui mi bloccò e scrisse:
“Sono i pensieri ad essere più rumorosi, come la tua immaginazione bestia. Altrimenti come avresti fatto a capire che tra tutta quella gente solitaria ero proprio io il muto?”
Il muto se ne andò e quando alzai lo sguardo non c’era più. Me ne andai e capivo di più.

4 commenti:

Zio Scriba ha detto...

Muto non intendo restare io, un po' per gridarti BRAVA!, e un po' per gridarti TANTI AUGURI, CARA AMICA MIA!

amanda ha detto...

non so Cristina, per lavoro lotto da una vita per ridare la parola ai sordomuti, il tuo racconto mi sconvolge, non so poi sei il tuo muto era solo muto (evento rarissimo) o anche sordo, il chè darebbe al tutto una luce ancora diversa.

mie paturnie, il racconto è bello

Itsas ha detto...

un racconto bellissimo...
come sempre...
ti lascia interdetto e ti oblliga alla riflessione...
un po' come certi racconti alla Borges...

vai, ragazza, vai...

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

@ Scriba: Grazie mille! Anche a te!

@Amanda: si, era sordomuto, ma non era l'ascolto che volevo mettere in rilievo. Lui legge dalla lavagnetta. Non sente e non parla.

@Itasas: contenta che ti sia piaciuto, ti saluto con affetto e stima :)


Cristina