18/11/16

Il viandante nel mare di nebbia - Racconti scritti in novembre


 di Cristina Taliento

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(Viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, olio su tela,1818, Hamburger Kunsthalle, Amburgo)


Una volta- in un inverno enigmatico, nebbioso, purulento- c'ero io, uno che si faceva chiamare Lenny Cohen e il viandante nel mare di nebbia. Eravamo un trio pazzesco. Lenny Cohen probabilmente era per davvero Leonard Cohen o qualcuno di quel calibro lì e il Viandante non ci dava che le spalle, confidenza zero. Io e Lenny gli dicevamo: "Senti, parla ogni tanto". Ma quello non poteva, non voleva. Era, tutto sommato, il personaggio di un quadro dipinto nell' 800 da un tipo tedesco, Caspar David Friedrich. Un tipo veramente tedesco. 
Dovevamo portare a termine un compito assegnatoci dall'Accademia della Crusca, ovvero diffondere l'uso del qual è con l'apostrofo. A quel tempo non c'era Internet, non c'era niente e gli inverni erano lunghi e freddi. Studiavo in una facoltà detta La Facoltà Estrema. Non sapevo spesso che fare, che dire. Finivo il più delle volte a leggere il giornale in un club per anziani ipovedenti (in prevalenza affetti da maculopatia senile) dove c'erano tre camini accesi, musica folk e caffè a volontà. L'età media era ottanta anni. Fu lì che conobbi Lenny. Era chiaramente pallido.
Dissi, per prima cosa: "Come vanno le analisi?"
Lui non si aspettava per niente questa domanda. Pensava che io non l'avessi assillato con quelle storie.
"Oh ragazza, mi sono rotto completamente le balle di tutta questa situazione, sai?" disse accendendosi un sigaro.
"Non dovresti fumare" gli dissi seria. 
Aveva un plaid a scacchi rossi e neri che mi ricordava il Natale. 
"Che c'è di nuovo sul giornale?" mi chiese cambiando discorso.
"L'Accademia della Crusca sta cercando personale per diffondere l'uso del qual è con l'apostrofo".
"Sia ringraziato il Cielo"
"Pensavo di propormi. Vuoi venire anche tu?"
"D'accordo" disse togliendo via il plaid dalle ginocchia ossute.

Così andammo a fare la fila dinanzi all'ufficio Mestieri e Quant'altro dell' Accademia. Lenny fumava il sigaro, io mangiavo caramelle gommose alla fragola mentre pensavo alle più belle frasi da dire per convincere la commissione a ottenere il ruolo. Ad ogni modo, andò tutto alla svelta.
Mi chiesero: "Credi che l'uso del qual è con l'apostrofo possa disturbare la classe media piccolo borghese italiana in un contesto socio-culturale in continuo cambiamento?".
Non capii la domanda, tuttavia risposi: "Onestamente, io non penso". Quel deciso uso del pronome personale "io" mi diede un tono e una credibilità che colpì in senso positivo l'esaminatore. O, almeno, m'illusi che fosse così.

Invece, al mio vecchio amico venne chiesto: "Come argomenterebbe in difesa del qual è con l'apostrofo davanti a una platea di grammatici conservatori poco inclini alle modifiche linguistiche?".
Lenny, a colpi di bronchite cronica, rispose: "Beh, che dire... direi, signori miei, scrivete qual è come cazzo vi pare e andatevene tutti affanculo". 
Mi venne un colpo. 
Comunque, lui arrivò primo in graduatoria. Io venni presa con i ripescaggi di gente che aveva trovato un lavoro migliore rifiutando il posto. 

Così mi andai a sedere sui gradini di un solenne edificio grigio avvolto nella nebbia, rattristata dal fatto che Lenny con la sua risposta si fosse piazzato in graduatoria al primo posto e io, invece, per come stavano le cose, dovevo ringraziare i rinunciatari. 
"Dai non fare la parte della prima della classe che prende otto invece che dieci" disse Lenny che con molta fatica era riuscito a raggiungermi e a sedersi vicino a me.
"Non è questo il punto" mi lamentavo io in uno stato di assoluto melodramma nascondendomi dietro il bavero della giacca.
"Finiscila, smettila. Si sa che queste cose vanno anche a fortuna".
"Tu hai detto anche una parolaccia, non è giusto" continuavo.
"Sei stata presa, basta. Non capisco davvero quale sia il problema" .
E fu lì che,  tra tutta quella nebbia, arrivò il Viandante.
Ci dava le spalle, non parlava. Ci sembrò fin da subito un caso disperato e, tacitamente, accettammo quella presenza sentendola abbastanza vicina ai nostri stati d'animo, sebbene fossimo contrari al Romanticismo europeo e a tutte quelle diavolerie filosofiche sulla sensucht , l'Amore, la Passione et compagnia bella. 
"Sei stato assunto anche tu?"
"..." sospirò.
"Non ho capito, scusa. Puoi ripetere?" chiesi. Magari ero io sorda.
Nessuna risposta.
"Vieni anche tu a diffondere l'uso del qual è con l'apostrofo?". Niente. 
Lenny si mise in piedi. Disse sbuffando: "Roba da matti".
Io non conoscevo il tedesco. Avrei voluto dire "benvenuto" o qualcosa del genere. Così dissi: "Hello". Che, a parte tutto, mi sembrava la cosa più universale che potessi dire.
Lenny alzò gli occhi al cielo e mi fece segno di andare. Mi alzai e andammo. Il Viandante ci seguì.

Avevo una curiosità e quindi domandai: "Viandante, come fai d'estate quando non c'è la nebbia?".
C'era una nebbia pazzesca. La realtà combaciava con la mia percezione miope di essa. I lampioni riscaldavano d'arancio pochi metri d'aria intorno. Tutto il resto era grigio. 
Non rispose. 
Di noi tre non si riusciva a vedere che la punta del sigaro di Lenny che bruciava nella nebbia di quell'inverno enigmatico.

2 commenti:

Tomaso ha detto...

Cara Cristina, bello questo racconto leggendo piano piano ti fa rilassare e speri che vada in un modo, poi vedi che non è così e mi faccio un sorriso!!!
Ciao e buona serata cara amica, con un forte abbraccio.
Tomaso

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ciao Tom!! Mi fa sempre felice vedere che lei c'è! Saluti!