14/05/16

La chewingum - Ritratti di re e regine


 di Cristina Taliento


(Ron Hicks)


E scriveva, scriveva, sotto le diverse sfumature luminose del giorno, con il buio, sotto la luce accecante del primo pomeriggio, con e senza ispirazioni, soffiandosi il naso, sbuffando, ridendo, piangendo, alzandosi di tanto in tanto per controllare il cellulare, prendere l'antistaminico o per mangiare cereali a secco perche il latte si era finito. Le cose che accadevano nella sua Testa erano confinate al Collo e al Foglio. Masticava confusamente chewing-gum di una marca tedesca che le ricordava la Volkswagen di sua zia tanti anni prima. All'ora di pranzo accendeva la radio e ascoltava per un po' le persone mentre la pasta si cuoceva e, nel frattempo, ripensava a quello che aveva scritto e avrebbe strappato tutto, tutto. Era uno stridente lavoro pesante quello di inventare le storie, dissanguarsi per trovarne un senso, una trama, un finale dimenticando il volto dell' Editore e facendo come se sotto non ci fosse che talento e passione.
"Prendi qualcosa dalla vita di ogni giorno" le aveva detto Cechov nei suoi sogni.
"Okay, Tony. Passami la penna e l'acqua" aveva risposto nei suoi sogni.
"Avanti... qualcosa dalla vita di ogni giorno, senza trama e senza finale".
"Non lo so, ora vedo".

Un giorno si accorse di non avere talento.
Se ne accorse da sola al centro di una pista da ballo. Erano balli latinoamericani, la gente si muoveva da ogni parte, lei rideva con il bicchiere in mano, il dj era laggiù, i ventilatori soffiavano aria nei suoi capelli. E lì, come quella volta tra gli scaffali del supermercato, intuì di non essere abbastanza brava. C'era che avrebbe voluto smettere di pensare, di scrivere, per una volta liberarsi di quel vociare, continuo vociare di api che trasformavano la sua vita, i suoi attimi, in una narrazione. Voleva ballare, lentamente nella musica incalzante. Voltarsi piano, sparire all' occorrenza, smettere di tergiversare, per una volta sputare la chewingum e piantarla di innervosire i muscoli facciali e guardare dritto negli occhi l'orizzonte, il dolore, guardare senza più nessuna difesa il cuore. E, giacché, cadere, se è tempo di cadere, alzare le mani e raccontare la storia in sincerità, anche se è invenzione, non fa niente. Tu devi dire le cose come stanno. Quello era il coraggio della vulnerabilità. Era lì che stava il talento, era lì che in lei mancava. Forse, i veri scrittori erano quelli che davanti all' agitazione non si agitavano mai. 

8 commenti:

amanda ha detto...

Direi che quello è il modo per scegliere un chirurgo, se lo scrittore si agita non è determinante, se ha talento quando l'agitazione passa va di lima

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ciao cara Doc :)
Coesistere et persistere :p

Zio Scriba ha detto...

No: gli scrittori si agitano eccome, e trasformano la loro agitazione in storia, in magia delle parole. E tu lo sai fare abbastanza bene... :)

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ihihi ma io non sono una scrittrice :p sono una scribacchina!! Ci vediamo il 30 con il tuo libro Nicò !

Zio Scriba ha detto...

A prestissimo! :)

A. ha detto...

Quell'ultima frase, cara Cristina, potrebbe essere una delle cose più vere che io abbia mai letto. Infatti io mi agito sempre, soprattutto quando non dovrei, quando non ce n'è motivo, poi. Ecco perché, prendendo come esempio la tua verità, io non mi considererò mai una scrittrice...quanta sacralità dietro questa "professione", questa missione; quanta calma nella tempesta.
Tu, invece sei sempre bravissima! Ti abbraccio :)

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Ciao A. Carissima! Come vedi non tutti sono d'accordo con noi :) Nicola Pezzoli quassù è al suo terzo romanzo e dice il contrario :) e se ci fossero qui seduti quei signori le cui foto dominano dal banner a lato, anche loro chissà che direbbero. Perché io penso tante cose e molte sono in contraddizione e a volte le scrivo solo perché suonano bene e quell'ultima frase che ti è piaciuta magari non è stata che l'ultima nota per dare un senso a tutto. Però, a volte la penso davvero questa cosa, che per scrivere ci vuole più calma che impeto, più pazienza che impazienza, più lucidità che sregolatezza dei sensi. Ma qui faccio lo sgambetto a Rimbaud e questa è una cosa che non posso fare :p
Ciaooo

A. ha detto...

Io, ovviamente, parlavo della mia esperienza personale, della verità che tu sei riuscita a cogliere. Ma era un discorso che riguardava ciò che penso di me, quindi in maniera relativa. :)