29/02/16

Liste di nuovi luoghi comuni per pappagalli

di Cristina Taliento

(Summer evening, Edward Hopper, sarà olio su tela, non so, 1947)

Il Signor Pi lavorava da anni nel Dipartimento Luoghi Comuni del Gaudio, un noto giornale nazionale fondato secoli prima da grandi penne dello spettacolo giornalistico. Il compito del Signor Pi era quello di scrivere dalla mattina alla sera delle piccole frasi d'effetto, diciamo così, delle piacevoli cazzate che metteva in un cesto sulla sua scrivania di modo che "I Giornalisti" suoi colleghi potessero servirsene nei loro articoletti ogni volta che il genio avesse chiesto loro con prepotenza e tracotanza ('ccidenti) di essere espresso e, in certi casi, pubblicato. 
"Ermi tutti!- esclamava Pi con il sigaro tra i denti quando gli veniva un'idea- Tutte queste sdolcinerie mi fanno venire la carie". (Invece del consueto diabete). 
"Oooh" esclamavano ammirati "I Giornalisti".
Ovviamente era tutta merce monouso. Non fosse mai che la stessa cagata comparisse due volte in due pezzi diversi. "Verrebbe meno l'originalità!" diceva sicuro "Il Direttore". Buon diavolo, l'originalità.
"Queste frasette sono come caramelline uniche, raffinate e irripetibili. Saranno i Lettori a masticarle, deglutirle, rigurgitarle e rimasticarle ancora e ancora"
"Ah Gianni! M'è venuta un'altra jewel". 
"Ottimo! Ottimo!". Jewel era come chiamavano queste frasette di merda.
("Oh là Narratore! Modera i toni!" mi rimproveravano dal basso. "Chiedo scusa, mi scusi" dicevo io girando di lato la visiera del cappello. Mi stavo proprio divertendo a scrivere con questo stile da very ragazza del ghetto).
La Jewel in questione era: "Amore mio, sei come il mio ultimo macaron". Meraviglioso. Potrei stare meglio però.
Se c'era una cosa che mandava Gianni ad arrabbiarsi in silenzio vicino la fotocopiatrice, quella era senza dubbio una frase che amava e che non era stato lui a inventare. Tipo: "Mi fai partire l'embolo" oppure "Questa cosa mi fa proprio nascere il nazismo". O cose così. Chi era quel genio che ci aveva pensato? Proprio così. Emboli e nazismo erano argomenti così trendy ultimamente. Così terribilmente trendy. E anche questa parola, "trendy", così breve e chic, "I Giornalisti" la adoravano. 
Peccato che l'embolo nella testa di molti poteva anche avere sembianze scarafaggesche.
("Narratore, t'avverto, se non la smetti con questa arroganza, te ne puoi andare anche a cantare le canzoni che sentivi allu mare. Citazione da Rino Gaetano, n.d.r.).

Va beh, insomma, ragazzi, dicevo. La storia è più o meno questa. C'era questo signor Pi che inventava i luoghi comuni, "I Giornalisti" che inserivano i luoghi comuni nei loro articoli con scienza e coscienza (perbacco), "I Lettori" che si entusiasmavano vivamente quando leggevano queste Jewels (plurale) e "Il Direttore" che voleva che descrivessi la sua "Redazione" con meno ironia. Ma tant'è. E mi dispiace chiuderla qui. Anzi no. E' solo che il mondo mi piacerebbe di più se tutti buttassero quelle chewing-gum di frasi fatte che vanno tanto di moda e iniziassero a masticare i propri versi. Già. Sarebbe proprio, fiquissimo
Per concludere, fate come se vi avessi fatto l'occhiolino.

25/02/16

Un ragazzo

di Cristina Taliento

Sono le cinque passate, sono nel treno e non voglio stare qui, non voglio leggere questo libro con una teiera in copertina, non voglio non volere così tante cose. Sarebbe bello, al momento, essere più accondiscendenti. 
Tu, bambino pakistano che mi siedi di fronte, tu che hai la tua manina ferma da un'ora su un buco del tuo pantalone, sappi che mi stai spezzando il cuore.
E non perché io abbia paura dei buchi o dei vuoti in generale, ma perché è un gesto gentile di un cuore puro e mi fa male.
Se non fosse che nei treni ci si finge sconosciuti e taciturni, vorrei dire ai tuoi oceani interiori soltanto una cosa, la più semplice: che non fa niente.

23/02/16

Rifletti e controlla - Ritratti dei tristi

dei lavori di Cristina Taliento

                   (Illustrazione di Thani Mara)


Le finestre aperte era quelle che non poteva capire.
Le strade facili erano quellle che non le facevano battere il cuore.
Dentro la tazza di tè al mirtillo si rispecchiavano un finestrino piccolo e i suoi occhi irriverenti che da qualche tempo si guardavano nel solo riflesso restituito da zuppe fumanti e pozzanghere sporche. 
Si era seduta un centinaio di volte per far uscire dai suoi oceani interiori una soluzione ai suoi respiri, sospiri. Ogni volta aveva trovato un riccio, una foglia danzante, un movimento nell'acqua che l'aveva distratta. 
Perchè i sentimenti... 
Perchè i.
Perchè i suoi sentimenti sarebbero rimasti chiusi per anni o per sempre in quella piadineria delle 23 e 05, dove lei mangiava una crepe con la forchetta di plastica e lui, ad un tratto, le aveva detto di tenere gli auricolari, le aveva fatto ascoltare una canzone. E lei non ricordava il titolo della canzone. Ricordava che erano seduti su sgabelli che la sua memoria aveva distorto e accresciuto in altezza: erano sgabelli altissimi. E lei aveva ascoltato con la forchetta in mano, ma senza mangiare, quella canzone che forse era una promessa, la sua promessa, o una scusa, la sua scusa mentre l'uomo alla cassa, di tanto in tanto, gridava sporgendosi in avanti: "167 rucola e crudo", "168, ricotta e pomodori secchi". Lei non la voleva una piadina, aveva già la sua crepe alla nutella con attorno dei fiori di panna, ma se quelli sgabelli non fossero stati così alti e le sue caviglie non fossero state così fragili, se scendere fosse stato semplice, lei sarebbe corsa via, lei avrebbe detto: "Si, è mia! Si, diavolo, 168 è mia!". E magari avrebbe scartato una Cinque dal portafoglio e il giubbotto ce l'aveva già. Magari bastava soltanto aprire la porta e andare via. Il giubbotto ce l'aveva già. Era uno di quei posti senza riscaldamento dove tutti hanno troppo freddo per mostrare il maglione nuovo. Uno di quei posti che mentre ci sei dentro lo sai già che, in un qualche ancora ignoto modo, ti segneranno.
Le finestre aperte le accarezzavano la fantasia. Se vi era qualcuno affacciato, lei sorrideva gentilmente, consapevole tuttavia che non avrebbe voluto, potuto, ascoltare nient'altro all'infuori di un imparziale mansueto saluto perchè, dopotutto, erano le finestre chiuse, quelle che il vento aveva sbattuto con rabbia alle sue spalle, quelle dove non si sarebbe svelato mai più nessuno, quelle da cui comunque sarebbe scappata, erano le finestre chiuse quelle sotto cui, come una volpe avvicinata, addomesticata e poi dimenticata, una, una volta ancora, si sarebbe, con disperata fedeltà, ostinatamente addormentata. 

09/02/16

Martedì grasso


di C. Taliento


Calme grasse nuvole mi dicono
-è così...
E io mi arrendo alle strade
umide di coriandoli,
mentre liceali con jeans strappati e
maschere veneziane
aspettano gli autobus delle loro vite.
E io che ne so, mi compro un biscotto,
è buono, sa di burro, ne vorrei un altro,
mentre dall'altra parte della piazza
un signore urla al padrone di un cane di:
"portare quel bastardo a farla altrove".
Si, è buono, sa un po' di burro,
chissà com'era quello alla fragola.
Chissà.
Quei ragazzi neri vendono foulard sulle panchine.
Non mi serve un foulard, sono cose da signora.
Io, se posso, vorrei una sciarpa gigante,
lunga otto chilometri, colore rosso.

Le persone sono tutte nei locali,
ma non è sera; è ora di pranzo.
Io cammino perchè non so che fare
e devo fare qualcosa,
anche se le nuvole mi dicono: è così...
Non fa niente, lo so, lo so che è così
Lo so
Guarda, laggiù c'è anche un cameriere che fuma
Se fossi una photo blogger
lo fotograferei di lato.
E lì c'è uno zingaro, suona la fisarmonica
ha mani sottili, mani gentili.
Chissà se lui è anche felice.