05/11/14

Alcuni luoghi

di Cristina Taliento

I giorni dispari, alle sette del mattino, esco di casa per andare a correre. Aziono la musica con una mano mentre con l'altra stringo le chiavi. Non è il massimo dell'organizzazione, ma mi trovo bene così. Nei primi dieci minuti le gambe mi portano via dalla città, o quantomeno più lontano possibile. Arrivo lungo il fiume e continuo con lo stesso ritmo mentre i primi autobus arancioni mi passano a fianco. Alcuni giovani laureati che vanno a lavoro in bicicletta mi sorpassano veloci con i loro impermeabili svolazzanti e li vedo allontanarsi, farsi largo tra gli operai dei cantieri, gli anziani con  il giornale, i gruppi di studenti ancora assonnati fermi sotto le tettoie. Questo sempre. È la rassicurante routine mattiniera del mondo che lascia le coperte e parte. Quota trenta minuti e centocinquanta battiti al minuto, giro a destra e percorro il ponte. Con parsimonia volto la testa per lasciare che la vista di quel quadro di un fiume all'alba mi entri nel cervello, dopo essere stato rimpicciolito e ribaltato dai miei occhi. Il mio luogo, ho pensato a volte, potrebbe essere questo. Alla fine, è fantastico. Tu vedi il fiume che ti scorre sotto i piedi e ai lati crescono alberi che d'autunno diventano ali di farfalle tutte diverse. C'è talmente tanta bellezza che potresti rimanere lì per sempre e morire con l'idea di non aver colto, contemplato, compreso abbastanza. La Bellezza è così, la senti sempre un po' lontana. E quando la avvicini, finisce che ne trovi i difetti. Forse è anche per questo che il mio luogo si trova un paio di chilometri più avanti, dopo una specie di parco con le altalene. Prima di arrivare ci sono tre guardiani fissi che non mancano mai. Il primo è una signora con un barboncino grigio. Il secondo un signore che spazza via dal marciapiede le foglie cadute e quando mi vede si ferma per non impolverarmi e io ogni volta lo ringrazio. Il terzo è un ragazzino dagli occhi puri fermo ad aspettare. Secondo me, l'autobus.
Non penso a loro finché non li vedo, ma tutte le volte che li vedo penso "ah già" e magari se non ci fossero, poi, lo noterei. Io, per loro, invece, sarò quella che corre. Magari hanno notato che i giorni pari io non ci sono. Mentre loro penso di si. Oppure no? Va be'.
Comunque. Passati i tre guardiani, accelero. L'ora di punta, il traffico, lo smog si avvicinano, mi inseguono. Se non aumento  la velocità mi prenderanno.  E poi posso pure andare in anaerobiosi, tanto chi se ne frega, tra due minuti arrivo al mio luogo e lì sono salva. Il mio luogo... se paragonato al ponte sul fiume, non è niente. Anzi, forse non ha nemmeno entità di luogo, non classificato. Come scriveva Melville: "It is not down of any maps. True places never  are". Per farla breve, è la panchina di una  fermata  del bus, ma la cosa strana sta nel fatto che questa panchina qua non guarda verso la strada, come dovrebbe essere, bensì dalla parte opposta, verso un liceo musicale abbandonato con cespugli di rovi e intonaco staccato. Non lo so se è bello dal punto di vista architettonico eccetera, non lo so se è bello in generale. E comunque il liceo è solo un dettaglio del luogo. La cosa più strana è che tu sei tra la vita, ma non ti vedranno perché l'occhio umano non si sofferma sui particolari agli angoli. Tu sei troppo nascosta lì dietro per attirare la loro attenzione. Sei seduta, ma è come se non ci fossi. È come spiare il mondo recitare, osservarlo dietro una tenda e scoprirlo sincero, coerente, lo stesso, insomma, di quando anche tu sei sul palco della vita. Ti accerti che le cose ci sono anche quando non sei in mezzo a tutto. Bah, non è tanto semplice da spiegare. 

4 commenti:

amanda ha detto...

this must be the place :)

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Talking heads!

amanda ha detto...

ora non dirò: che tempi!
- che fa tanto anziana signora - però: che musica! me lo concederai :)

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

certo! io ho fondato la mia adolescenza su quei Tempi! Solo ora mi sto dando all'elettronica ahahah!