16/08/13

I labirinti evanescenti della personalità di X7

di Cristina Taliento

(Tomas Sanchez, oil on canvas, contemporary painters)

Quella volta andai a trovare X7 in ospedale, dopo aver sbagliato due volte l'autobus e aver salvato un esame. Per anni, fin dalla prima elementare, avevo avuto in cura la sua personalità, prescrivendo risate dopo i pasti e attività sportiva su taccuini rosa di Hello Kitty, ma quella volta la psiche non c'entrava molto. Era ricoverato in Cardiologia e stava morendo.
"Questi cazzo di medici!" borbottò non appena mi vide. Era seduto sul letto con la schiena appoggiata sui cuscini.
"Cosa c'è che non va?"
"Tutto! Sono dei gran maleducati, ma io... Oh io, quant'è vero Iddio, mi regolerò di conseguenza!"
Per quel che ne sapevo, la vita di X27, in generale, era quella di un uomo che si era regolato si conseguenza, modificando abitudini e negando gentilezze in virtù di singole lezioni imparate, ben recepite.  Sia che andasse contro i pareri degli altri, mosso dall'orgoglio o dalla vendetta, sia che, invece, agisse per soddisfare i gusti della gente, la sua vita dipendeva dall'intorno e mai da una spontanea, insensata, decisione presa per seguire, che so, il cuore. Così la sua personalità era come quei sentieri nella sabbia che cambiano continuamente, di ora in ora, a seconda delle raffiche del vento e un attimo prima portano a sud e un attimo dopo si rivoltano, tornano indietro, dimenticando tutto, restringendosi, ritraendo i margini, vergognandosi un po'.
"Lo sai quello che dico sempre? Quello che non ti uccide... ti stronzifica. Non sto dicendo bene?"
E X7 lo sapeva di star dicendo bene perchè ne aveva fatto il suo credo, aveva fatto della sopravvivenza la peggiore landa di sentimenti raccattati e avanzi di spontaneità. La mia conferma, in quella sala di ospedale, contava quanto una frazione di secondo in un mare di mesi e di anni. Niente.
"Si, è così".
Nascosi la pena che provavo per lui guardando fuori dalla finestra le altre migliaia di finestre che crescevano in altezza e larghezza e che nascondevano, a loro volta, altre facce e storie ed emozioni, interpretazioni di emozioni, per lo più sbagliate. Noi non eravamo nessuno in quel reparto al terzo piano e non lo eravamo nelle strade, in riva al mare. Le nostre entità si perdevano di fronte alla sconfinata e fragile vastità del mondo e della mente. Qualcuno pensava qualcosa, la diceva, la scriveva, ma non restava davvero. Se ne volava sulla spiaggia come un petalo di papavero. Io mi sono comportata così perchè. Io ho reagito così perchè. Lui mi ha fatto questo perchè. Vola... Ci siamo lasciati perchè. Fluuu vola nell'acqua, si perde tra le onde. Oscilla, brilla, vola, sale, sale, scende, sfiora l'acqua, affonda e nessuno lo vede, nessuno. E resta comunque silenzio, senza che ci sia stata la gioia. Rimane uno scacchista che fronteggia l'avversario copiando le sue mosse, regolandosi di conseguenza. E se quello muove l'alfiere bianco, quell'altro posiziona il nero secondo uno schema speculare di ridicola precisione. Ma se, un giorno, tu dovessi arrivare alla conclusione che tutto è menzogna e fraintendimento, allora capirai che il tuo agire non era che l'ombra sfocata di un inganno durato una vita. Teneramente, la tua.
Per questo, alla fine, dissi: "Mi piacciono quelle persone che, se non restano uccise, non barattano il proprio essere con la speranza di sopravvivere qualche anno di più. Mi piacciono se poi continuano a sorridere e riescono a perdonare perchè stanno al di sopra di tutto, mi piacciono un casino quando non tradiscono la propria anima per le esperienze che hanno avuto".
X7 storse la bocca in una smorfia. "Smettila di considerarti una tra gli ultimi fottuti eroi metropolitani". Proprio così: senza macchia e senza paura, forti e calmi, puri di cuore, onesti fino alla morte, homo sum, umiltà, riconoscenza, timore di Dio, rispetto per i padri. 
"Puttanate- concluse sputando il muco nel fazzoletto- tra vent'anni avrai cambiato idea".
Rimasi in piedi vicino alla porta con il giubbotto appeso al braccio. Poi mi andai a sedere su una sedia a fianco al letto, gli raccontai una barzelletta, ridemmo, dopo mi allontanai un attimo con la mente, mi misi a ricordare, lui disse qualcosa, io sorrisi, poi piansi, mi alzai di nuovo, camminai fino alla finestra, tornai a sedermi, parlammo ancora, sospirammo, incrociammo le braccia, ridemmo di nuovo, presi una delle rose sul comodino, me la regalò, grazie, di niente, ora vado, va bene, okay, va bene, allora ciao, va bene, ciao, salutami la mamma, okay, ciao. Ciao.

2 commenti:

Tomaso ha detto...

Cara Cristina, come vedi ci sono nuovamente dopo la mio forzata assenza. I tuoi racconti sono sempre molto interessanti e li leggo con piacere. Ciao e buon fine settimana.
Tomaso

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Grazie mille, spero che lei stia bene :)