15/05/13

Finiamola qui


di C.T.

Ieri ho inscenato il funerale del mio amico immaginario. Una cerimonia d’altri tempi.
“Di che morte mi fai morire, dunque?” ha sussurrato disteso sul letto, con un occhio chiuso e l’altro mezzo aperto.
“E che ne so, l’esame di patologia sta al terzo anno”. Ha sospirato intrecciando le dita sulla pancia.
Ero seduta su una sedia accanto alla finestra e un po’ guardavo fuori, un po’ guardavo lui. Per entrare nell’atmosfera mi ero messa gli occhiali da sole Ray-Ban, montatura rosso ciliegia e un fazzoletto legato intorno alla fronte, stile pirata.
 “Magari qualche malattia genetica. Che ne dici?” ho detto, dopo un po’, per sollevargli il morale.
“Oh, se proprio non c’è altro…”. Era proprio in punto di morte, ma di quale morte si trattasse… anche quello era il punto.
“Dovrei vedere su Google”
“Pesca da quello che ti hanno fatto vedere a Storia della Medicina” ha suggerito con indifferenza.
“Si, ma… va be’, ma… ti piace il colera?”
“Beh… c’era anche il vaiolo, ad esempio”.
“Si, ma il vaiolo è stato debellato. Sarebbe una morte anacronistica”. Proprio quest’aggettivo, si.
Ha sospirato di nuovo. Mi sono alzata per andare a prendere gli appunti. E mentre fissava rassegnato il soffitto, io sfogliavo lentamente le pagine.
“Qui parla, a un certo punto, dell’AIDS. Te la senti?”
“Non saprei”.
“Virus Ebola” continuavo con gli argomenti.
“E che diavolo è?” ha alzato la testa dal cuscino.
“Eh mah! Una cosa terribile, terribile”. Sapevo solo questo.
“Allora, se non ti dispiace, passerei oltre”
“Oh, questo è sicuro” ho detto facendo la battuta. Ma lui non ha riso, non ha fatto niente.
Mi sono schiarita la gola: “Puoi sempre morire d’influenza”.
“Questa è la ricompensa dopo anni di compagnia. Complimenti, davvero. E’ la morte più ridicola che abbia mai sentito”
“Beh, non così ridicola…”
“Preferisco l’impiccagione”
“Io non ti ammazzerei mai” ho mormorato alzando le spalle.
“Ma sarò io a farlo, buon Dio, se non mi trovi una morte decente, che cavolo!”. I suoi occhi si sono di colpo accesi, fiammanti come due mozziconi di sigaretta. Stava sprecando le sue ultime forze per farsi la ragione.
“Ti posso inventare una malattia. Una malattia bellissima!” ho esclamato, a quel punto, presa dall’entusiasmo.
“Più bella della sifilide?” mi ha chiesto con fare dubbioso.
“Oh si. Una malattia con delle eruzioni cutanee del colore delle rose in primavera, pustole grigiastre intorno alle sopracciglia, mucose infiammate fino alla follia, unghie sanguinanti e pupille… pupille verde fluorescente!”
“Mmm. Malattia rara?”
“Rarissima. Uno su un milione” ho annuito sorridendo.
“E come si chiama?”
“Eh… vediamo… si chiama: incendiaria. Per via dell’infiammo”.
“Quali organi colpisce?”
“Tutti un po’!”
“Ebbene, acconsento. Acconsento che la mia morte avvenga ora, in questo giorno, a causa di incendiaria” ha detto, infine.
Ma un po’ mi dispiaceva. Mi sono tolta gli occhiali e ho detto:
“Addio, signore. Non ti dimenticherò”
“Tu l’hai già fatto, ragazza”
“Ma come?”
“Mi avresti messo in coma, se mi avessi voluto davvero tenere al tuo fianco”
“Sto invecchiando, non lo vedi? Guarda che voce seria che mi esce. Devo adeguarmi all’età. Non fare storie e girati sul fianco pronto per l’iniezione. Avanti!”
“Tu vuoi fuggire"

Basta, non mi va più di scrivere. E' morto e basta. Poi me ne sono andata.

3 commenti:

Ma. ha detto...

Ho letto su google che nei pazienti colpiti da incendiaria "il cuore conserva la sua capacità contrattile e può essere riavviato tramite stimolazione elettrica"...

amanda ha detto...

1, 2, 3 libera!

Tomaso ha detto...

Cara Cristina, questi tragici momenti sono indimenticabili e lasciano sempre un segno dentro di noi. Come vedi se anche molto impegnatissimo per i raduno degli alpini a Piacenza ho trovato il tempo di portarti il mio saluto.
Tomaso