10/02/12

La metamorfosi idiota (VI)

di Cristina Taliento


(Villa di Livia, affreschi del triclinio, Palazzo Massimo alle Terme, Roma)


Ricordai gli innumerevoli digiuni di cuore e ventre, le mattine sui banchi di scuola trascorse ad affermare, citare, annuire e notti, notti spirituali, a vegliare il fuoco con la dilaniata speranza di un padre che aspetta il figlio dalla guerra. Rammentai il giorno della mia nascita, quando l'ostetrica tagliò il cordone ombelicale e il sorriso esausto di mia madre che, per la prima volta, commossa, mi prese in braccio. Sentii le voce del Cercatore-"Libera Silvia!"- e la mia delusione nell'invocare l'aiuto di un altro, di quell'altro: adesso libera tutti, liberami, pensavo. E un attimo dopo "libera tutti!" quell'altro l'aveva gridato davvero e poi si era curvato con le mani sulle ginocchia per prendere fiato. Così ero salva. Molti di noi lo erano, in fondo. Ma, il Cercatore, per esempio no. Lui non faceva parte di quell'accordo nascosto, una specie di patto, un sodalizio di Afrodite che impediva ad alcuni bambini di essere catturati tutti insieme siccome uno di loro riusciva a liberare sempre tutti gli altri del gruppo. Alcuni bambini che ne erano fuori ci guardavano da lontano con lo sguardo triste, ma mai si permettevano di interrompere i nostri comuni silenzi, i nostri complotti di sguardi di cui pure noi stessi non avevamo il controllo, nè la consapevolezza. Era come trovarsi uniti all'improvviso dall'apparenza e impotenti di fronte all'energia di un'intesa che non regalava, non voleva niente in cambio, non chiedeva di più di quanto già vedesse. Gli altri bambini diventarono alti, certi raggiunsero i due metri, iniziarono ad andare alle feste; si fidanzarono tra di loro, alcuni partirono e non tornarono. Anche noi crescemmo. Le nostre braccia si allungarono e così le gambe, la schiena. Le mani si diramarono affusolate come gli ultimi prolungamenti di un rampicante; i nostri capelli spettinati e bagnati tremavano nel vento. Un giorno uno di noi, lui, si alzò in piedi mentre stavamo biascicando distratti alcune riflessioni sulla morte, sulle teorie economiche, il nuovo presidente. Disse che dovevamo parlare dell'adolescenza perché ci riguardava e ci stava consumando. Disse che la nostra adolescenza non era come quella di quelli altri bambini come il Cercatore. Noi stavamo soffrendo di più, noi covavamo la rabbia senza essere rivoltosi, noi pazienti e taciturni ci educavamo da soli, leggevamo piangendo le nostre poesie ad altissima voce sui terrazzi commossi dalle nostre stesse parole, tornavamo stanchi la sera perché durante il giorno il nostro cuore si era quasi spento e poi aveva sussultato per correre ancora, fermarsi di botto e continuare. "Silvia!-mi gridò una volta dalla spiaggia mentre avevo raggiunto gli scogli. Mi girai a guardarlo con gli occhi stretti dalla miopia - Silvia, ricordi ancor quel tempo della tua vita mortale quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi e tu lieta e pensosa il limitar di gioventù salivi?".

2 commenti:

Lalique ha detto...

ciao & buongiorno

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Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

hola! :)