28/09/11

Leggerezza di Iro

di Cristina Taliento


(Egon Schiele)



Quel pianto lontano lo distrae, vorrebbe non averlo mai sentito. Una poesia! Una poesia non riesce ad accarezzare la sua mano. Ha smesso meccanicamente di commuoversi quando si è girato per il fischio del caffè. "Mi vuoi sposare?" chiede all'improvviso mentre l'autunno muove le tende. Sorride e si tocca la fronte. Una penna sul tavolo, accanto alla frutta, è sfiorata da Iro. Scrivere è il suo mangiare, gridare, nitrire giù per le praterie russe, salire e scendere, premere il grilletto, catturare lucertole, fumare il sigaro, stirare le camicie, suonare il piano, guardare i bambini quando giocano, arrotolare il filo dell' aquilone, lavarsi i denti, riparare la catena della bici, andare al cimitero, riordinare la scrivania, ringraziare Dio, prendere il mare, innamorarsi, piangere come neve, correre come grandine, studiare la scienza, mordersi le nocche, pettinarsi, ammazzarsi, pugnalarsi al cuore con un tagliacarte e stramazzare sul marmo, un rivolo di sangue al lato della bocca e non essere più né la scrittura né se stesso o le vecchie papere del defunto Eustachio Rop. "No, signore, non mi dica-non mi dica- che sono distratto. No, signore, per favore-per favore- non mi dica che sono distratto". La distrazione è un vento che sradica i pensieri ed i pensieri delle azioni dalla testa di Iro. Andare a fare la spesa e tornare con le tasche e le scarpe piene di sabbia. "Allora è questo il modo in cui vuoi vivere? Rispondi". Iro chiude gli occhi, vorrebbe qualcosa addosso di più pesante, ma c'è solo la sua testa piegata di lato che nasconde le spalle bianche. "Come fai a non capire che la società in cui viviamo-la società in cui viviamo- ci vuole presenti. Stringimi la mano, Iro". Lui si avvicina e non ricorda la sua ultima frase. Crede di averla sentita, ma stava pensando all'infinito, a Blake, alle porte della percezione. "Stringimi questa dannata mano". Iro non capisce, non sa... cerca con lo sguardo la maniglia della porta. Esce. Una poesia! Una poesia che non riesce a baciarti gli occhi! Lo studio della cellula che non riesce a coinvolgerlo, il ricordo dei suoi nonni che parlano davanti al camino non lo scuote, la foto del suo primo amore rimane a terra tra le formiche come se quel primo amore non fosse mai esistito, confuso, smarrito nel vento. "Piantala di scrivere, lavora!". Iro annuisce, strappa le carte, l'Autunno lo incoraggia. Ogni volta che ha un'ispirazione, concentrato la rinnega, matto, compila le sue giornate crociando le conquiste, i progressi apportati alla società. Matto, vive senza la sua arte.

5 commenti:

Zio Scriba ha detto...

Come mi piace questo Iro: sembro quasi i(r)o, e mi piace pure il fatto che il suo nome suoni come Hero, cioè quello che è... :D
Ciao, grazie per questi bei minuti di distrazione e ristoro...

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

prego, non c'è di che. Ciao :)

Adriano Maini ha detto...

Sembra quasi la vita di Pasternak. Se Iro da infine un colpo d'ala ...

amanda ha detto...

lo scrivere che basta a se stesso

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

@Adriano: sto leggendo il Dottor Zivago. E' probabile che la mia voce sia stata inconsapevolmente, lo giuro, falsata. Sono giovane (disse). Complimenti davvero per aver detto Pasternak! Wooow

@Amanda: già