22/06/11

Condanna e Morte di uno Specchio

di Cristina Taliento



(Le Coquelicot, Kees Van Donger, 1919)


Quando questa storia spiegò le ali all'orizzonte
migliaia di cuori si addormentavano al fronte;
siamo nella primavera del quarantuno,
Seconda Guerra di Tutti e di nessuno.
Ma non è il campo di battaglia l'ambientazione,
nè il confino, non la Dalmazia, non la prigione;
per stanare il personaggio dal suo cespuglio,
per strattonarlo e vederlo gemere in un farfuglio,
dobbiamo addentrarci nei boschi del centro Italia
pungendo la cartina con una spilla da balia;
poi, guardare quel puntino con sguardo convinto
senza far inciampare la pupilla in qualche labirinto.
Ecco, trovato: dove lo spillo è affondato
sorgeva una casa colore rosso ramato;
piccole tende coprivano piccole finestrelle
minuscole rose, nei vasi, come gemelle.
Dietro quei petali c'erano un naso, una bocca
e due occhi tagliati da una sottile luce barocca.
Ella- il cui nome non cambierebbe la vicenda-
per le sue scelte, già da tempo, era leggenda.
Si diceva che tra i quadri e gli arazzi sulle pareti
non figuravano nè specchi nè segreti.
In sincerità, i primi mancavano sul serio
i segreti, ahimè, c'erano davvero...
primo fra tutti l'ignorare il proprio viso
facendo il contrario di quel tal Narciso.
Ella era cresciuta schivando il riflesso,
sfidando l'immagine con un vero processo
e per questa ragione si possono spiegare
i cucchiaini di legno ed i vetri da lavare
(questi erano così sporchi e macchiati,
che nemmeno gli insetti vi si sarebbero posati).
Si rifiutava di guardare nel secchio,
figurarsi poi, possedere uno specchio.
Un giorno bussò alla sua porta un pittore
e, dopo essersi inchinato, le chiese un favore:
"Sono qui poiché voglio ritrarre con olio su tela
il volto ignaro di colei che il cor raggela"
Ella rispose: "Raggelar i cuori, messere?
Oibò, oibò! Non è il mio mestiere!
Per di più, voi sapete, non conosco il mio aspetto
e mai lo conoscerò, con tutto il rispetto".
Il pittore parve per un istante sorpreso
e con un lampo d'arguzia sussurrò con fare indifeso:
"Potrei dipingerla a suo piacimento
in modo che io non rimanga troppo scontento.
Posso, ad esempio, modellare il tratto
ascoltando i suoi consigli sul ritratto".
Ella ci pensò per tre quarti d'ora
e poi: "bene, purché finisca prima dell'aurora".
Il pittore, sistemato il cavalletto
sentiva i pareri di quello strano soggetto.
"Mi dipinga con gli occhi rosa e le ciglia bianche..."
parlò fino a che il pittore non sentì le gambe stanche.
E mentre questi si rimetteva il cappello
mostrò il ritratto ed ella fece un saltello.
Aveva adesso la sua personale verità
sull'idea del suo volto e personalità.
Terminò così, in una mattina di pianto
la singolare storia dello Specchio Infranto.

3 commenti:

Adriano Maini ha detto...

Versi simpatici che mi fanno comunque pensare a tante recenti tragedie della nostra storia!

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

si, colgo l'occasione per dire che i toni erano disimpegnati, ma l'ispirazione no. Okay, questo.

Baol ha detto...

Anche le storie tristi si possono raccontare con un mottetto