03/07/10

Ehi

Ehi, come stai, spero bene, poi non so.
Ti sembrerà strana questa filastrocca, molto o solo un po'.
Mi chiederai di sputare questa rima come una gomma da masticare,
mi chiederai di parlare con i toni seri di uno che sa come pensare.
Non voglio fissare le mie condizioni, intraprendere litigate,
lo sai che le gare di tragedie non le ho mai sopportate.
Quindi, se per caso passerai da queste parti solitarie
fermati a leggere queste quattro stupidaggini varie.
Sai, io non lo faccio per attirare l'attenzione
come dicono gli psicologi in televisione.
Io non lo faccio nemmeno per farti dispetto,
o perché non so come, in altro modo, dimostrarti affetto.
Io ripeto "io, io" e poi non so mai bene cosa dire
forse perché tra genitore e figlia c'è poco da capire.
L'orgoglio è una cosa schifosa che non si dovrebbe mai provare
perché ti spezza le lacrime e te le fa ingoiare,
ma piangere fa bene, una volta me l'hai detto e ora lo ricordo
la tua voce, dieci anni fa, come un rumore sordo.

O forse tu, non lo so, hai capito più degli altri fessi
che mi hanno data per dispersa prima ancora che chiamassi.
Gli anni ci hanno separato o forse sono io che mi sono allontanata
e, di sicuro, c'entra quel desiderio strano di voler stare isolata.
La ragione e il torto, immagino di averlo letto,
non si possono tagliare con un taglio netto
e le nostre ragioni si sono mischiate,
troppo imbrogliate nei torti di persone sbagliate.
Io ho capito delle cose mentre ero lontana,
persa in quel misterioso e freddo vento di tramontana.
Ho capito che degli altri giudici di professione non mi importa
e ho capito che voglio ancora sentire il tuo respiro dietro la mia porta.
Perché io lo so che quando smetti di chiamarmi poi non te ne vai davvero
perché io lo so che speri nella dimostrazione di un mio sentimento sincero.
Ma tu, ti prego, non te ne andare
resta ancora un altro po' ad aspettare.
La confusione e la paura sono solo illusioni
che volano come, nel cielo, gli aquiloni.
Soltanto che, alle volte, uno si stanca a guardare in alto
nell'attesa di una caduta, una rottura o un salto.
Promettimi che non ti stancherai, che mi aspetterai
che ascolterai i miei silenzi e li capirai.
Perdona la mia rima infantile e banale,
ma mi ha aiutato a non fare troppo la formale.
E sul mio cuore ancora ci devo lavorare,
ma ti voglio dire che ti voglio bene, ti prego, non ne dubitare.

(Tua, C.)

Nessun commento: